Si riapre alla Camera il capitolo dello ius culturae e il centrodestra già minaccia di usarlo per affossare la riforma costituzionale dalla prossima settimana al voto dell’Aula. Il rifiuto dell’allargamento del diritto di cittadinanza, infatti, continua a compattare il centrodestra, dove solo Renata Polverini (pure autrice di un testo che Forza Italia disconosce) sostiene la necessità della legge, al punto di autosospendersi dal gruppo. E la Lega – che già aveva annunciato la volontà di disertare l’assemblea al momento del voto sulla riduzione dei parlamentari – sarà seguita da Fi e Fdi, molto probabilmente, anche questi in protesta e proprio per la ripresa del lavoro sul riconoscimento dell’italianità ai figli degli immigrati nati e scolarizzati nel nostro Paese.
In Commissione affari costituzionali di Montecitorio vengono presi in esame tre testi: la proposta di legge a prima firma Boldrini che mira ad introdurre lo ius soli, quella di Polverini (Fi) che punta esclusivamente sullo ius culturae, e la proposta di Matteo Orfini – il cui testo definitivo deve essere ancora presentato – che introduce uno ius solitemperato accanto allo ius culturae. A prendere in mano la situazione è il presidente della Commissione Giuseppe Brescia, poiché il relatore Roberto Speranza è attualmente diventato ministro della Sanità.
Così, mentre si cerca di redigere un articolato su cui avviare il lavoro, scoppia la protesta delle opposizioni. La maggioranza giallo-rossa, però, stenta a mantenere il punto, perché anche tra Pd e M5s si registrano crepe. I dem sono quasi compatti sulla necessità di non perdere altro tempo e concedere il diritto di cittadinanza ai ragazzi nati e istruiti in Italia. E hanno da Leu un sostegno pieno e convinto. Molto più cauti i 5 stelle, decisi comunque a lasciare l’ultima parola alla piattaforma Rousseau.
E poi c’è Matteo Renzi – che pure aveva criticato Paolo Gentiloni per non essersi imposto con la fiducia nella passata legislatura per approvare la legge – e che oggi si sfila, invitando la coalizione a essere «pragmatica » e a non fare del tema «un tormentone» in assenza di intesa. Brescia, però, avverte che non c’è fretta. Il presidente, vicino al numero uno della Camera Roberto Fico (da sempre favorevole alla legge), ha invitato a «non avere ansie da prestazione ».
Ma tra i grillini le posizioni divergono. Si cerca dunque di stemperare la tensione, evitando che la legge vada ad interferire con la riforma costituzionale, che martedì dovrebbe vedere la luce. Per M5s si tratta di una vera e propria bandiera irrinunciabile. Dunque gli addetti ai lavori sono impegnati perché nulla turbi l’iter finale e ieri è stato messo a punto il documento della maggioranza per le misure contrappeso che dovranno accompagnare il taglio del numero dei parlamentari. Poche pagine per stabilire criteri e tempi per la riduzione dei delegati regionali che andranno a eleggere il presidente della Repubblica, l’abbassamento a 18 anni dell’elettorato passivo al Senato, l’eliminazione della base regionale al Senato, la partecipazione al voto sull’autonomia regionale dei presidenti di regione e la riforma elettorale.