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Mattia e Christian sono due ragazzoni di 29 anni. La voglia di lavorare non gli mancherebbe, ma ogni volta che si prospetta qualche – peraltro rara – possibilità, l’assunzione per loro non si concretizza mai. «Pesano i loro deficit cognitivi, soffrono di una forma di autismo dalla nascita e nonostante un’invalidità del 75% uno e del 78% il fratello gemello, il collocamento obbligatorio non ha mai funzionato», spiega la mamma Carla Abruzzese. «Così loro finiscono per avere solo l’assegno di invalidità di 287 euro al mese. E non avranno diritto neppure all’aumento sollecitato dalla sentenza della Corte costituzionale che è riservato solo a chi ha un’invalidità del 100%».
Per questa madre si tratta di «un’ingiustizia, perché di fatto pur con una disabilità considerata non-totale, i ragazzi non hanno possibilità reale di lavorare, guadagnare, diventare autonomi o almeno compartecipare al loro mantenimento. Noi in famiglia siamo in sei e solo mio marito lavora come operaio, mentre io pur essendo maestra non ho mai potuto insegnare, dovendo assistere i miei gemelli, soggetti spesso anche a crisi epilettiche. Vi assicuro che è difficilissimo far quadrare i conti...». E se 287 euro al mese sono una cifra «innegabilmente, e manifestamente, insufficiente» ad assicurare agli interessati il «minimo vitale», come hanno stabilito i giudici costituzionali nella sentenza 152, «questo è altrettanto vero anche per chi, come i miei figli, non ha un’invalidità al 100% ma comunque forti limitazioni eppure avrebbe diritto a vivere dignitosamente».
Una storia esemplare, questa della famiglia Marangon di Vecchiano (Pisa), che rende esplicita la richiesta emersa da tempo da parte delle associazioni di persone con disabilità di non limitarsi all’aumento delle pensioni secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale, ma rivedere tutto il sistema delle prestazioni reddituali per le invalidità.
E, per la prima volta, ora il governo apre più di uno spiraglio in questa direzione. «Sono situazioni, quelle delle invalidità parziali che abbiamo ben presenti – risponde ad Avvenire Giuseppe Recinto, consigliere del Presidente del Consiglio in materia di disabilità –. La nostra intenzione è di andare oltre l’incremento a 648 euro al mese già deciso per gli invalidi totali, e stabilire un incremento significativo delle provvidenze anche per chi attualmente ha tra il 75 e il 99% di disabilità».
Un aumento su cui, assicura Recinto, c’è «l’impegno personale del presidente del Consiglio Giuseppe Conte a verificarne la fattibilità e per il quale stiamo cercando le risorse in vista della legge di bilancio di quest’anno». L’idea su cui si sta orientando il governo è quella anche di modificare il sistema di accertamento delle disabilità e, in prospettiva, di abbandonare l’attuale sistema di classificazione percentuale.
«Siamo ormai a buon punto nell’elaborazione della legge delega contenente un nuovo Codice delle persone con disabilità che, con il presidente Conte, speriamo di portare all’approvazione in uno dei primi Consigli dei ministri alla ripresa delle attività a settembre», spiega Recinto. Un nuovo Codice che abbandonerà la logica meramente socio-sanitario alla disabilità «per assumere, in coerenza con la convenzione Onu, un approccio più complessivo al tema, multilivello – spiega ancora il consigliere di Palazzo Chigi, che è anche docente di Diritto privato alla Federico II di Napoli –. In questo quadro, si intende superare la classificazione a percentuale, favorendo invece una valutazione maggiormente personalizzata, un esame degli effettivi bisogni, ma anche potenzialità, della singola persona. E quindi di quali tutele quella persona abbia necessità e nel contempo di quali potenzialità possa essere favorito lo sviluppo».
Altri capitoli qualificanti del Codice, infatti, dovrebbero essere quelli del superamento delle attuali disomogeneità territoriali nello sviluppo dell’«autonomia possibile» della persona con disabilità, la de-istituzionalizzazione favorendo la possibilità per le famiglie di assistere le persone con invalidità e un potenziamento di quanto già previsto con la legge sul «Dopo di noi» approvata nella scorsa legislatura. Su quest’ultimo punto è già stato aperto un tavolo con i notai, mentre sul Codice il confronto continuerà con il mondo associativo.
«Il rapporto con le associazioni, a partire da Fish e Fand, è buono e proficuo – conclude Recinto –. Il loro motto a proposito dei disabili è "Nulla su di noi senza di noi". Il governo lo rispetta e anzi ci si riconosce».
Intanto, con la – si spera prossima – pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo finale del decreto Agosto si avvierà l’iter per l’incremento a 648 euro mensili delle pensioni per invalidi, ciechi e sordi totali. Le stime del governo parlano di 470mila persone interessate. Al lordo dei tetti di reddito, se tutti ne beneficiassero l’aumento della spesa potrà arrivare fino a un massimo di 2,2 miliardi l’anno. L’Inps, una volta verificati i requisiti reddituali, procederà in automatico al pagamento dei nuovi importi e degli arretrati a valere dal 20 luglio.