«L’Agenda Monti sulla famiglia è una buona mappa su cui lavorare» premette il presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti. Nel testo programmatico presentato dal premier, ci sono molte parole d’ordine assai care a chi da anni si occupa di natalità, asili nido, assistenza ai non autosufficienti, conciliazione tra casa e lavoro. «Eppure manca ancora un aspetto per noi fondamentale: il fisco. Su questo, le famiglie italiane hanno pieno titolo per far sentire la loro voce» osserva Belletti.
Cosa funziona nella mappa ideata dall’Agenda Monti? E cosa invece non vi convince?La parte dedicata alla famiglia è in sintonia con le decisioni del Piano nazionale in materia, approvato da questo stesso governo. Si tratta di un disegno organico che riconosce la famiglia come soggetto rilevante del sociale, mettendo direttamente in agenda diverse istanze che da tempo portiamo avanti. Ciò che ancora manca è la collocazione della famiglia come motore di sviluppo, in grado di generare ricchezza dentro la comunità. Quanto al metodo, a tutti chiederemo obiettivi chiari in tempi certi.
Non crede sia decisivo capire con che risorse si faranno determinate politiche?Non si può valutare un documento come questo sulla base degli impegni di spesa. Siamo davanti a una lista di priorità: per ora apprezziamo sicuramente il riferimento alla creazione di asili nido in una dimensione innovativa. L’offerta di servizi per i bambini più piccoli in futuro dovrà andare al di là delle formule tradizionali, dando impulso a progetti aziendali e condominiali che consentano alle donne di conciliare lavoro e famiglia. Su questi temi, siamo in piena sintonia con il premier.
Non si parla invece di Fattore famiglia...Questo è il punto. Manca una politica finalizzata all’equità fiscale in ambito familiare, senza la quale non è possibile nessuna ripresa economica. Siamo ancora lontani da questo obiettivo e su questo tema l’Agenda Monti va migliorata e integrata. Non si può parlare di alleggerimento della pressione fiscale solo per imprese e lavoratori. Garantire meno tasse a chi ha più figli è un modo per sanare una grande ingiustizia, non è una questione di
welfare.
Se l’orizzonte del premier resta l’Europa, cosa può dire l’Italia in materia di politiche familiari?Molto, credo. Quando l’Europa difende un modello di sviluppo sociale che mette al centro la persona e difende la natalità, la prospettiva è quella giusta. Penso che, sulla partita della famiglia, avremmo un dna virtuoso da comunicare anche nei palazzi della Commissione europea, a partire dall’identità giuridica della famiglia che va preservata in tutte le sedi.