"Noi ci saremo" dicono i grillini dando appuntamento (sul blog di Grillo) per lo streaming alle 15. "Ma l'incontro è saltato" replicano dal Pd perché il M5S non dà risposte (e garanzie) sui dieci punti chiesti dai democratici per andare avanti. Da giorni era diventato un rebus il secondo incontro sulla riforma della legge elettorale tra il movimento di Beppe Grillo e il partito del segretario Matteo Renzi. Un braccio di ferro in piena regola. Scandito dai grillini a colpi di messaggi provocatori sul social network. Il M5s andrà all'incontro fissato, fanno sapere i grillini di prima mattina. "Noi ci andremo perché gli impegni li manteniamo e i confronti li facciamo in chiaro" scrive su facebook il deputato M5s Danilo Toninelli, vicepresidente della commissione Affari costituzionali.
Ma per i democratici non basta. Troppo alto il rischio che il M5s si riveli un alleato poco leale e che faccia brusche inversioni di marcia. Tutti i nodi, secondo il Pd, dovranno essere messi nero su bianco in un testo scritto a partire da quello della governabilità, del primio di maggioranza e del doppio turno. A metà mattinata è il capogruppo del Pd a Montecitorio Roberto Speranza, con una lettera alla presidente della Camera Laura Boldrini, a tagliare la testa al toro. "Il confronto potrà svolgersi solo dopo formali risposte" da parte del movimento di Grillo scrive Speranza. "Il Pd - spiega ancora Speranza alla presidente Boldrini - considera questo confronto molto serio ed importante per il dibattito democratico nel nostro Paese e per dare più forma al percorso delle riforme". Nulla di fatto insomma, almeno per ora. E immediata arriva la contromossa dei grillini: una conferenza convocata a tamburo battente per spiegare le proprie proposte e le proprie ragioni. "Si è persa un'occasione importante si è mancato di rispetto agli italiani", è il messaggio lanciato da Di Maio, che assicura la volontà dei grillini di restare al tavolo ma aggiunge che d'ora in poi il grillini parlranno solo con Renzi per entrare nel merito delle questioni. Lasciamo sul tavolo il doppio turno, però magari evitiamo che al primo turno si vinca con il 37 per cento" sottolineando come, "il vero nodo, anche all'interno del Patto del Nazareno, "siano le preferenze". A Di Maio risponde il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini: "neanche noi vogliamo far saltare il tavolo". Durissimo Beppe Grillo che parla del rischio di "una dittatura a norma di legge", attacca Renzi, considerato troppo dipendente da Berlusconi e Verdini, e gli altri espon esponenti del Pd chiamandoli "sbruffoni della democrazia". Una posizione molto più dura dei toni usati sino a qualche ora prima dagli altri esponenti del M5S. Questa sarà la settimana decisva con la riforma del Senato che arriva in aula mercoledì. La resa dei conti all'interno del Pd, è prevista per stasera con l'assemblea dei senatori democratici. La fronda interna di una ventina di senatori che insistono sul Senato elettivo e che potrebbero in aula non votare la riforma sul cosidetto "Senato dei cento". Tra i frondisti del Pd in realtà c'è anche chi accetterebbe una sorta di compromesso: pochi accorgimenti sulla riforma del Senato, a patto che si cambi l'Italicum, a cominciare dalla preferenze. Acque agitate anche in Fi dove i "ribelli", guidati da Augusto Minzolini, si preparano ad un nuovo round nell'assemblea di martedì per cercare di far saltare il patto del Nazareno e cercare di convincere Berlusconi a rompere l'asse con Renzi. Ma tra i due, dopo l'incontro di giovedì, sembrerebbe esserci piena sintonia.