PALERMO L’approdo straordinario di migranti in Italia ha comportato l’aumento del numero delle strutture temporanee di accoglienza che, al 10 ottobre 2015, sono arrivate a 3.090. Secondo i dati del ministero dell’Interno sono 99.096 i migranti presenti nelle strutture al 10 ottobre 2015, di cui il 70% (70.918) in quelle temporanee. E in Sicilia ce ne sono 105, il 3,4% del totale. Nonostante la distribuzione dei migranti sul territorio abbia interessato quasi tutte le regioni, al primo posto per numero di presenze si collocano la Sicilia e la Lombardia, con il 13% del totale dei migranti accolti, 14 mila solo nell’Isola. Sono alcuni dei numeri contenuti nel terzo rapporto pubblicato dall’Osservatorio migrazioni dell’Istituto Arrupe, guidato da Nicoletta Purpura, e presentato ieri a Palermo. Ricercatori e sociologi, armati di grafici e statistiche, cercano di fotografare la realtà delle migrazioni in Sicilia, confrontandola con la situazione italiana ed europea, e dicono a chiare lettere che «non si tratta di un’invasione». E le cifre lo confermano: un calo di approdi sulle coste siciliane nel 2015, una tendenza che rischia di invertirsi, però, alla luce della riapertura della rotta del Mediterraneo nel 2016. Dal primo gennaio 2015 al 10 ottobre 2015, infatti, sulle coste italiane sono sbarcati 136.432 migranti, con una riduzione del 7,4% rispetto allo stesso periodo del 2014. Anche in Sicilia, confrontando i dati relativi ai primi cinque mesi del 2014 e del 2015, si registra una riduzione degli sbarchi, dal 97% si scende al 73,4%. Ma varia anche la composizione per Paese di provenienza: se nel 2014 i migranti erano siriani (43.323), seguiti da eritrei (34.329) e malesi (9.908), nel 2015 al primo posto troviamo l’Eritrea (36.838), seguita questa volta da Nigeria (18.452) e Somalia (10.605). Maurizio Ambrosini, sociologo dell’Università di Milano e direttore della rivista Mondi migranti, cerca di ristabilire paletti oggettivi. «La rappresentazione che solitamente viene fatta è di una immigrazione in aumento drammatico – spiega Ambrosini –. La realtà è un’altra. L’immigrazione ha numeri stazionari, si tratta di 5 milioni di migranti in Italia, di cui 170 mila rifugiati e richiedenti asilo. La maggior parte arrivano per lavoro, con un normale visto turistico; si tratta di giovani adulti di entrambi i sessi, che, se le cose vanno bene, cominciano a richiamare la famiglia. La provenienza principale è europea, ci sono molte donne e di paesi di tradizione cristiana. Il primo problema è, dunque, non confondere il tutto con la parte». I primi mesi del 2016 pongono, però, il grande tema della gestione degli hotspot, i centri di identificazione appena avviati. Dei cinque previsti in Sicilia sono in funzione solo tre (Lampedusa, Trapani e Pozzallo), con problemi enormi nella gestione della corretta informazione da fornire ai migranti e nei tempi di permanenza, come denuncia nel rapporto dell’osservatorio Fulvio Vassallo Paleologo, coordinatore della Clinica legale per i diritti umani dell’Università di Palermo. Per Lampedusa, ad esempio, Vassallo chiede che «venga interrotta la prassi tuttora in corso, di mantenere a tempo indeterminato in uno stato di trattenimento nel centro, quanti subito dopo lo sbarco rifiutano di farsi prelevare le impronte digitali».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Lo studio presentato a Palermo