martedì 24 giugno 2014
​Crisi di nervi nei partiti. Boschi: medieremo. Grillo cavalca lo scontro.
INTERVISTA Mirabelli: quello scudo è garanzia, non privilegio
LA STORIA La norma garantista diventata simbolo della casta
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​Tanto tuona Anna Finocchiaro che il governo si affretta a cercare una nuova mediazione. Il ripristino e la frenata sull’immunità ai futuri senatori fa tremare la riforma data per acquisita da Matteo Renzi, che però non intende assistere a ulteriori slittamenti del voto e lascia il ministro per i Rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi a trattare: «Non ci fermeremo sul tema dell’immunità, troveremo una soluzione ragionevole in Parlamento»; dice lei in serata alla festa dell’Unità di Roma, precisando che il governo non ritiene la questione «dirimente» e «non ha una posizione pregiudiziale». Il reinserimento dello scudo da estendere ai rappresentanti degli enti locali che sederanno a Palazzo Madama fa discutere. E dopo lo scontro tra la titolare delle Riforme e la presidente della Commissione affari costituzionali e relatrice sul delicato capitolo, si cercano soluzioni alternative. L’idea è di rimodulare l’immunità per i soli atti parlamentari di sindaci e consiglieri regionali che – anche se in Parlamento – avranno accesso a bilanci e spese sul territorio che li renderebbero comunque maggiormente esposti degli attuali parlamentari o dei colleghi della Camera. Resta ancora in piedi l’ipotesi di ricorrere al giudizio terzo della Corte costituzionale, anche se si tratta di una procedura che trova meno consensi, e su cui l’esecutivo aveva espresso perplessità, per evitare un sovraccarico di lavoro alla Consulta.Di certo, resta sul campo un nuovo cumulo di macerie, nel quale si muove Beppe Grillo, alla vigilia del vertice di domani (che si limiterà alla legge elettorale, visto che proprio domani scade il termine per i subemendamenti al nuovo Senato). Ma anche M5S viene preso di mira, in particolare dal Pd, per l’atteggiamento ambiguo sullo scudo parlamentare. Di fatto l’immunità era stata cancellata dal governo, motivo per cui Boschi e lo stesso Renzi si sono tirati indietro dall’inizio della querelle. Ma era stata reintrodotta con un emendamento da Finocchiaro e Calderoli (relatore di minoranza): «Avevo proposto che a decidere sulle autorizzazioni all’arresto e alle intercettazioni dovesse essere una sezione della Consulta. Valeva sia per il Senato sia per la Camera», dice Anna Finocchiaro. L’emendamento, però, «è sparito dal testo perché il governo ritiene che non si debba appesantire il lavoro della Corte costituzionale. Sono disgustata dallo scaricabarile». Nel Pd, però, gli ex dissidenti tornano a innervosirsi. Tanto che il neo-presidente Matteo Orfini da giorni richiama all’ordine l’area di Chiti e compagni, in fibrillazione. Ma anche Forza Italia entra nella polemica, convinta, con il capogruppo Paolo Romani, che non sia indispensabile lo scudo e che comunque non si tratta di una battaglia degli azzurri, pronti a votare la riforma. Oggi forse un nuovo incontro con Boschi. Resta a difendere il punto Ncd.
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