Gli schiavi sono tra noi: immigrati fatti arrivare in Italia con il miraggio di un lavoro, che si rivelava un impiego massacrante, oltre 12 ore di fatica al giorno sotto il sole cocente dell’estate, senza riposo, sostentati da un panino e da una bottiglietta d’acqua spesso acquistati da loro stessi. Il tutto per l’equivalente della paga oraria di due euro l’ora. Per l’alloggio, quando c’era, dovevano accontentarsi di casolari sperduti nelle campagne. Altrimenti dormivano all’addiaccio, sotto gli ulivi e coperti da un cartone. «Ora quelli te li sfianco fino a questa sera...», dice un “caporale” al telefonino. «Ci diedero un panino che non mangiai nemmeno per quanto ero disperato»: è la frase emblematica pronunciata da una delle vittime che ha trovato il coraggio di ribellarsi e di fare arrestare una banda composta da 22 persone che ha sfruttato nelle campagne di Nardò, in provincia di Lecce, centinaia di tunisini e ghanesi costretti a raccogliere angurie e pomodori. Primizie che dal Sud devono conquistare il mondo.L’Operazione Sabr (“Sabr” significa “capo”) è scattata ieri a conclusione di un’inchiesta condotta dal Procuratore capo della direzione distrettuale antimafia, Cataldo Motta, e dal suo sostituto Elsa Valeria Mignone, con Ris e Nil. I magistrati sono riusciti a documentare un’organizzazione criminale attiva a Nardò, nel Salento, come a Rosarno, in Calabria, ed in altri luoghi dove il business delle primizie in agricoltura richiede manodopera a basso costo, fuori da ogni controllo. Nell’inchiesta sono coinvolte 22 persone, 16 sono state arrestate in diverse regioni italiane. Parecchi i reati contestati a vario titolo: si va dalla riduzione in schiavitù all’associazione per delinquere, dal falso in atto pubblico (per i falsi permessi di soggiorno) al favoreggiamento dell’ingresso di stranieri in condizioni i clandestinità.Tra le persone finite in carcere ci sono anche dieci imprenditori italiani tra i quali spiccano nomi noti del mondo agricolo siciliano e salentino. Tra gli altri, Pantaleo Latino, di 48 anni, il “re delle angurie” del Salento. Costoro secondo le accuse sarebbero complici dell’organizzazione dei caporali e dei promotori di questo sistema.«I fatti – hanno specificato gli inquirenti – sono precedenti alla protesta degli immigrati contro lo sfruttamento e il caporalato che riguardò l’estate scorsa la masseria Boncuri di Nardò. Ma anche questi immigrati lavoravano e vivevano in condizioni a dir poco disumane». La retribuzione lorda era di 20-25 euro al giorno, da cui i “caporali” decurtavano le spese del misero vitto, dell’alloggio – in tuguri di campagna senza infissi e coperti da eternit – e di trasporto nei campi. Vietato per gli immigrati rispettare il Ramadan. Le vittime di questo sistema para-schiavistico hanno vissuto collettivamente il dramma della fame nei loro paesi di origine, l’adescamento nei loro villaggi con il miraggio di un lavoro dignitoso, la partenza dal porto tunisino di Halk El Wed, il lungo viaggio della speranza con l’approdo in Sicilia e le tappe in Calabria, prima di giungere il Salento, sempre controllati da capisquadra e “caporali”: “sabr” appunto.