La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz - ANSA
Un po’ più vicina a Berlino, un po’ più lontana da Visegrad. La seconda giornata europea di Giorgia Meloni a Granada è segnata da due bilaterali che spostano lievemente ma in modo visibile l’asse del governo: il primo con Mateusz Morawiecki, il leader polacco tra 8 giorni alla prova del voto, il secondo con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, lo “sfidante” di Roma nel negoziato da poco concluso sul regolamento che l’Ue adotterà nei casi in cui il flusso di migranti assumerà il carattere della “crisi”. Uno spostamento d’asse che si intravede plasticamente nelle conclusioni del Consiglio Ue informale: il comunicato finale passa senza il capitolo migratorio - sul quale permane il veto di Polonia e Ungheria -, recuperato però nelle dichiarazioni della presidenza che confermano come l’Ue stia spostando l’attenzione verso la «dimensione esterna» cara all’esecutivo di Roma.
Conclusi i lavori, la premier non nasconde la «soddisfazione». Rimarca che sulla protezione dei confini e le partnership con i Paesi del Nord Africa ormai c’è «consenso unanime», mentre i veti che continuano a opporre Varsavia e Budapest risalirebbero a «percezioni precedenti», ovvero alla fase in cui l’Ue spingeva solo sui ricollocamenti. Così come è soddisfatta, la premier, per aver rafforzato la sua strategia anche con «Paesi che non sono nell’Ue ma sono Europa», come Gran Bretagna e Albania (e nello staff diplomatico di Palazzo Chigi non si fa nulla per nascondere quanto il patto in 8 punti sottoscritto giovedì con Sunak, Rutte, Rama e Macron sia il vero risultato della missione spagnola). Se poi anche l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Joseph Borrell, accenna alla possibilità di adottare la missione navale Irina in Tunisia, se Saied sarà d’accordo, si comprende perché la delegazione italiana torni a casa convinta di avere incassato dei risultati. «Il tempo delle diagnosi è finito, siamo passati alle azioni e io sono disponibile anche ad aspettare un mese o tre mesi in più, purché le soluzioni siano strutturali», sintetizza la premier nel breve punto stampa alla fine dei lavori.
Ma lo snodo della giornata è l’attesto tête-à-tête con Scholz. Un colloquio di 45 minuti in cui i due si sono chiariti e si sono messi alle spalle la lite sulle Ong. «Ci siamo compresi, siamo pragmatici», commenta il cancelliere tedesco a sancire la necessità di collaborare a prescindere dalla scadenza elettorale europea.
Le distanze però non mancano. Giorgia Meloni afferma che per Scholz quella sulla Tunisia è «l’unica strategia possibile», che altre posizioni presenti nel dibattito tedesco non sarebbero le sue. D’altra parte il cancelliere l’intesa con Saied l’ha firmata, ora Berlino non torna indietro sulla parola data ma chiede di tenere alta la guardia sui diritti dei migranti. Meloni e Scholz ne riparleranno a fine novembre, molto probabilmente il 22, quando a Berlino ci sarà un vertice intergovernativo Germania-Italia.
Distanze permangono anche sul bilancio pluriennale dell’Ue: Berlino vorrebbe “riaprirlo” solo per le risorse all’Ucraina, Roma vuole siano poste «sull’Africa, non sul capitolo migranti», specifica Meloni. Non c’è accordo pieno nemmeno sul Patto di stabilità: Roma vuole deroghe sul deficit per gli investimenti strategici chiesti dall’Ue. Ma il colloquio è all’insegna della distensione e la nota ufficiale di Palazzo Chigi celebra «l’ottimo livello di cooperazione».
Formale, invece, la nota sull’incontro con Morawiecki. A sentire Palazzo Chigi, le migrazioni sarebbero state toccate come ultimo punto, non centrale. La giornata dice altro. La Polonia mantiene il veto sulle conclusioni insieme all’ungherese Orban, letteralmente scatenato. «L’Ue ci ha stuprato giuridicamente», dice il premier magiaro che non incontrerà Meloni, a segnare una distanza crescente.
Meloni pubblicamente continua a «comprendere» il disappunto dei due leader di Visegrad. A Morawiecki la premier ha provato a dire che ormai la fase in cui l’Ue parlava “solo” di ricollocamenti è superata, che ora è passata un’altra agenda, ma il leader polacco non può consentirsi alcuna docilità sul tema migratorio a pochi giorni da un voto decisivo. Alla premier italiana non resta che alzare le mani, ammettere che ci sono diversi interessi nazionali in gioco e, soprattutto, attendere che a Varsavia si consumi la sfida interna tra Morawiecki e Tusk. Dopo, però, la premier vuole sciogliere il nodo della partita che i Conservatori polacchi vogliono giocare nell’Europa che nascerà con il voto di giugno 2024.
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