martedì 16 luglio 2024
La presidente del Parlamento Ue con 562 voti unisce dai Conservatori ai Verdi. Ok dai partiti italiani, tranne M5s e SI. Vicepresideza per Pd e FdI, sovranisti esclusi
Roberta Metsola

Roberta Metsola - ANSA

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Si apre con il trionfo di Roberta Metsola la sessione plenaria inaugurale del Parlamento Europeo a Strasburgo. Perché la popolare maltese non solo è stata - come previsto - riconfermata alla presidenza dell’Assemblea, ma questo con numeri quasi plebiscitari: 562 sì su 699 voti espressi, contro una maggioranza di 312. Praticamente il 90% di sì (mentre la prima volta, nel gennaio 2022, ricevette 458 voti). Solo simbolica la performance della “sfidante”, la spagnola Irene Montero di Podemos (per la Sinistra di The Left) che ha incassato 61 voti.

A differenza di quanto accadrà con il voto, domani, sulla riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Europea, su Metsola i tre partiti italiani di maggioranza hanno votato compatti per il sì (mentre per VdL, al momento, c’è un sì certo di Forza Italia, un no certo di Lega e un “da vedere” di FdI). Su Metsola convergono anche Pd e Verdi, non - stando alle posizioni ufficiali - M5s e Sinistra. In ogni caso è un primato: quello precedente era detenuto dal polacco Jerzy Burek, che nel 2009 ottenne 555 voti (ma c’era ancora la Gran Bretagna).

«Questa – ha dichiarato dopo il voto Metsola - rimarrà la casa di ogni persona in Europa, insieme dobbiamo batterci per la politica della speranza, per il sogno che è l'Europa, per le promesse dei nostri padri e madri ancora incompiute». Nel suo discorso si legge l’eco dell’attentato a Donald Trump ma anche delle violenze contro vari politici in Europa, nonché un attacco frontale al populismo. «La polarizzazione nelle nostre società – dichiara – ha portato a una politica più di scontro, anche a violenza politica. Sono le risposte facili che dividono in “noi” e “loro”. Dobbiamo andare oltre questo pensiero a somma zero che ha escluso persone, che ha allontanato la gente, che fomenta rabbia e odio piuttosto che costruire speranze e fiducia». Parla di Kiev, la presidente: «Saremo al fianco dell'Ucraina e saremo chiamati a fare di più: l'Europa deve difendere la pace e la libertà, con giustizia e libertà». E dice no all’«autocrazia»: «non dobbiamo, nelle parole del grande Santo di Cracovia, Karol Woityla, avere paura». Parla della «responsabilità di lasciare l’Europa un posto migliore di quello che abbiamo trovato».

Perché, aggiunge, «la nostra deve essere un’Europa di cui sarebbero orgogliosi Adenauer, Mitterand, Walesa, Havel, Veil, Falcone, Borsellino». Cita, parlando in italiano, una frase di Alcide De Gasperi: «Parliamo, scriviamo, insistiamo, non lasciamo un istante di respiro; che l’Europa rimanga l’argomento del giorno». Sottolinea le violenze e abusi nei confronti delle donne, troppe «non riescono ancora sentirsi parte» dell’Unione, troppe «vengono ancora maltrattate, uccise nella nostra Europa», troppe «lottano ancora per i diritti». E ricorda tra le altre Giulia Cecchettin, uccisa l’11 novembre scorso dall’ex fidanzato. «L’Europa – conclude Metsola – è speranza. L’Europa è fiducia. L’Europa è tutti noi. L’Europa rimane la risposta. Viva l’Europa».

Una personalità che evidentemente ha saputo unire anime diverse, come dimostra il voto. Le sono piovuti messaggi di congratulazione da ogni parte. Dai Verdi - «grazie Roberta per il tuo impegno per l'Europa e un futuro migliore», scrive su X la co-presidente Terry Reintke - ai Conservatori che invece recalcitrano su Von der Leyen. I due co-presidenti, Nicola Procaccini (FdI) e il polacco del PiS Joachim Brudzinski hanno elogiato la presidente maltese per «il suo impegno per il dialogo» e «l’equilibrio». «La tua leadership e passione per l'Europa sono più necessarie che mai», le dice Von der Leyen. Plauso anche dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, nonché dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Ieri è stata anche la giornata delle vicepresidenze del Parlamento Europeo, il primo vero test sul “cordone sanitario” contro l’estrema destra dei Patrioti di Orbán (cui aderisce la Lega) e dell’Europa delle nazioni sovrane (capitanati dai tedeschi di Afd), rispettivamente terzo e quarto gruppo dell’Europarlamento. Un cordone che ha tenuto: i loro tre candidati sono stati bocciati, approvati gli altri 14. Per l’Italia figurano Pina Picierno (Pd, già vicepresidente) e Antonella Sberna (FdI, Conservatori, sebbene di stretta misura rispetto al quorum della seconda votazione). In totale i Popolari hanno tre vicepresidenti, i Socialisti cinque, i liberali-macroniani di Renew due, due pure ai Conservatori, uno i Verdi e uno la sinistra di The Left. «Un abominio istituzionale che non ha eguali in nessun parlamento d’Europa», tuona il capodelegazione della Lega Paolo Borchia.

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