martedì 29 ottobre 2024
L'Agenas: 11 quelli al top, quasi tutti al Centro-Nord. Esaminate quasi 1.400 strutture pubbliche e private. Migliorano Calabria e Sicilia. Ma Schillaci: resta il divario Nord-Sud
L'Istituto clinico Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano

L'Istituto clinico Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano - Ufficio stampa Humanitas

COMMENTA E CONDIVIDI

«Livelli altissimi» che confermano l'«eccellenza» dei servizi erogati in ben 7 delle 8 aree cliniche valutate. E così l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano, si conferma, per il terzo anno consecutivo, «migliore ospedale d’Italia». La pergamena, come avviene ogni anno, è firmata dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) che, su mandato del ministero della Salute, realizza il Programma nazionale Esiti (Pne) che investe 1.363 ospedali pubblici e privati. Sul podio ci sono poi due strutture pubbliche: l’Azienda ospedaliera di Ancona che, come ha spiegato il direttore di Agenas, Domenico Mantoan, «era nei primi posti anche lo scorso anno», e che «ha fatto un notevole balzo in avanti in tutte le aree»; e l’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze, «che ha fatto grandi investimenti e si vedono».

Il Pne fa riferimento all'attività assistenziale effettuata dagli ospedali italiani nel 2023, e a quella del periodo 2015-2023. A dimostrazione del metodo rigoroso di valutazione adottato, ha evidenziato l’Agenzia, sono stati calcolati complessivamente «205 indicatori, di cui 180 relativi all’assistenza ospedaliera, e 25 sull’assistenza territoriale, valutata indirettamente in termini di ospedalizzazione evitabile, esiti a lungo termine e accessi impropri in Pronto soccorso».

I ricoveri e l'importanza degli standard minimi

Il report fa emergere che dopo lo shock della pandemia, che aveva ridotto al minimo l'attività ospedaliera, tornano a salire i ricoveri in Italia. Nel 2023 sono stati quasi 8 milioni i ricoveri, ovvero 312mila in più rispetto al 2022. Ancora molti casi di tumore vengono operati in strutture che fanno pochi interventi, cosa che spesso non garantisce la migliore qualità delle cure. E lo stesso vale per i punti nascita: uno su tre non supera lo standard minimo di sicurezza di 500 parti l'anno. Insomma, più è alto il numero di interventi effettuati da una struttura sanitaria, maggiore è la garanzia di qualità delle cure. Paradigmatico è il caso delle fratture del femore operate entro le 48 ore, cosa che permette di ridurre il rischio di complicanze, allettamento e infezioni: i pazienti over 65 operati per frattura del femore nel 2023 sono stati 95.808 (1.200 in più rispetto al 2022) e quelli operati tempestivamente sono passati dal 53% al 59% del totale. Quasi tutti gli ospedali però sono ancora sotto la soglia del 60%, in particolare in Calabria, Liguria, Basilicata, Umbria. Molise e Sardegna.

Dal tumore al seno a quello del pancreas, ancora molti pazienti vengono operati in strutture con bassi volumi di attività. Nel 2023 ci sono stati 66.532 interventi per tumore della mammella (2.500 in più rispetto al 2022), 8 pazienti su dieci sono state operate in strutture con grandi numeri. Ma «nonostante il quadro positivo», ci sono ancora 201 ospedali che eseguono 50 interventi l'anno o meno. In particolare per il tumore del pancreas, uno dei più aggressivi, si rileva «grande frammentazione della casistica in strutture caratterizzate da volumi bassi» e ampi margini di miglioramento: nel 2023, ci sono stati in Italia 3.053 interventi ma solo 10 strutture ne fanno almeno 50 l'anno, mentre il 42% è trattato in strutture con volumi bassi. Gli ospedali che fanno almeno 50 interventi annui sono tutti nelle regioni del Centro o del Nord, tra questi il Policlinico Gemelli di Roma. Gli interventi per tumore del colon sono stati lo scorso anno 26.154 e migliora la concentrazione della casistica, ma il 28% dei pazienti è trattato in strutture che fanno meno di 45 interventi l'anno.

Criticità si riscontrano anche nei punti nascita. Aumentano, arrivando a 137, ovvero quasi una su tre, le strutture che effettuano meno di 500 parti l'anno, considerate meno sicure dagli standard internazionali. Mentre cala lentamente, attestandosi al 22,7%, il ricorso al cesareo, sebbene alcune strutture superino il 40% in Campania, Sicilia, Puglia, Lazio e Lombardia.

Le strutture top

In totale sono undici gli ospedali considerati "top" nel nostro Paese e si trovano quasi tutti al Centro-Nord (quattro in Lombardia, uno rispettivamente in Toscana, Marche, Veneto, Piemonte, Abruzzo, Emilia-Romagna e Sicilia): oltre ai primi tre già menzionati, si tratta dell'ospedale Maggiore di Lodi, della Casa di cura Mater Domini a Castellanza (Va), dell'ospedale Borgo Roma di Verona, il presidio sanitario Gradenigo a Torino, l'Humanitas Gavazzeni di Bergamo, la Casa di cura Villa Serena di Città Sant'Angelo (Pe), l'ospedale Bellaria di Bologna e la Casa di cure Orestano a Palermo. Il report Agenas ha valutato le performance di ospedali pubblici e privati, in otto aree cliniche principali: cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, nefrologia, gravidanza e parto, osteomuscolare. Ma solo pochi ospedali presentano eccellenze in tutte e otto le branche. Nei primi 11 posti rientrano quelle strutture che raggiungono l'eccellenza perché valutate in almeno quattro aree e risultate eccellenti in tutte e quattro.

«Questo riconoscimento - ha detto l'amministratore delegato del Gruppo Humanitas, Luciano Ravera - dimostra che non conta il Dna di chi offre il servizio di cura, operatori pubblici o privati accreditati, ma la determinazione di avere sempre il paziente al centro dell’organizzazione e misurare gli esiti del proprio operato in modo puntuale. Agenas, con il suo sistema di monitoraggio unico al mondo di 205 indicatori e 1.363 ospedali, è un alleato fondamentale per raggiungere questi obiettivi».

Le differenze tra Settentrione e Meridione

Il programma Esiti, è stato affermato nel corso della presentazione della ricerca, è una sorta di bussola per analizzare appunto gli “esiti” e valutare e misurare le performance, in base a 8 diverse aree cliniche, delle strutture sanitarie. «Il sistema del Pne - ha quindi riferito Mantoan - è unico al mondo e produce dati non contestabili. Andiamo a vedere il comportamento dei professionisti e, mettendo insieme i dati, riusciamo a definire il comportamento delle singole aziende. Ci sono eccellenze al Nord, ma iniziano ad esserci anche al Sud e il divario si sta riducendo. Per la prima volta la Calabria che per anni è sta maglia nera dei Lea (livelli essenziali di assistenza, ndr) non lo è più», e ha fatto un «notevole balzo in avanti con reparti» che offrono «situazioni di buona sanità. Merito del commissario Roberto Occhiuto. Anche la Sicilia ha fatto un buon balzo in avanti, vuol dire che è stato fatto un buon lavoro».

Ma quello delle due - o più - Italie della sanità è un problema che resta sul tappeto: perché se «la qualità dell’assistenza ospedaliera migliora», ha osservato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, e se dai dati «emerge una sanità in recupero rispetto ai volumi pre-pandemici, sia per i ricoveri urgenti sia per quelli programmati e diurni», è anche vero che non si può negare «la persistente disomogeneità tra Nord e Sud, che è un fattore particolarmente critico: penso al ricorso ancora troppo alto di parti cesarei nel Mezzogiorno, che si fa più importante nel privato accreditato. Su questi gap dobbiamo continuare a lavorare perché queste fratture territoriali persistenti sono contrarie al concetto di equità». Schillaci è tornato a parlare anche del Fondo sanitario nazionale: «Anche in questa manovra aumenta e nel 2026 toccherà la cifra record di 140 miliardi. Ma le risorse vanno utilizzate in maniera efficiente, anzi vanno in primo luogo spese nell’interesse dei cittadini». E «per questa manovra la nostra priorità rimane il personale sanitario; gran parte delle misure saranno dedicate a rendere più attrattivo lavorare nella sanità pubblica».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: