Giulia Brazzo, qui con la madre Maura, è rimasta sette anni in stato "vegetativo".
Il risveglio di Giulia, la giovane donna rimasta sette anni in stato vegetativo che Avvenire ha intervistato giorni fa (proprio mentre in Francia si infiammava il dibattito sul caso di Vincent Lambert), è finito sulle riviste scientifiche internazionali: «Ho presentato il suo caso anche al recente convegno della Sirn, la Società dei riabilitatori neurologici, per dimostrare che un trattamento a lungo termine non debba essere solo di mantenimento, ma possa mirare a migliorare la vita di pazienti come Giulia». Chi parla è Antonio De Tanti, direttore del centro di riabilitazione Cardinal Ferrari di Fontanellato, il fisiatra che l’ha presa in carico dopo il risveglio. Ovvero "ne vale la pena": se Giulia non avesse ricevuto cure mirate e costanti stimolazioni nei sette lunghi anni di blackout della sua coscienza, probabilmente non sarebbe mai tornata tra noi. E chissà quanti altri pazienti come lei, ma più sfortunati, restano "parcheggiati" in attesa del nulla, perché a nessuno sfiora nemmeno il sospetto che per loro si possa ancora fare qualcosa... Spesso li chiamano "gli irreversibili", e nessuno sa se lo sono davvero.
"Visitai Giulia dopo il risveglio. Era un caso da pelle d'oca"
«Il suo cervello era letteralmente un campo di battaglia – racconta Da Tanti – devastato da complicanze neurochirurgiche di idrocefalo e ascessi... Che cosa quindi è andato bene? C’è stata una convergenza di fattori favorevoli: la competenza di 'Anni Azzurri' proprio sui giovani con gravissimi disturbi della coscienza, il dottor Stefano Casalino che, anche se non poteva assolutamente pensare a un risveglio, ci ha messo tutto se stesso, e soprattutto una famiglia che non ha accettato la prognosi negativa e ha insistito con forze proprie per dare alla figlia stimolazioni e fisioterapia», il che ha evitato quel blocco alle articolazioni che, dopo il risveglio, non avrebbe permesso il recupero. Come capita spesso, i genitori si accorgono per primi che qualcosa sta cambiando, «colgono i segnali prima di noi medici. Visitando Giulia mi sono trovato di fronte a un tardivissimo recupero della coscienza, questo mi era chiaro. Il problema era il dopo: quel riemergere della coscienza era già l’apice o solo la premessa di qualcosa di più importante? Non scordiamo che la ragazza aveva i quattro arti paralizzati, gli occhi giravano solo da una parte, non parlava... eppure quel 'poco' che già faceva era eccezionale, roba da pelle d’oca. Mi sono detto che quella partita andava giocata fino in fondo».
"Dopo un anno e mezzo parlava e camminava"
Trasferita a Fontanellato, Giulia ha intrapreso un iter riabilitativo finalmente multiprofessionale, con esperti del movimento, del linguaggio, della vista, della deglutizione perché «tutti i campi erano gravemente compromessi». Dopo anni di nutrizione attraverso la peg («ho due ombelichi», ride oggi Giulia) tornava anche a mangiare per bocca. «E un anno e mezzo di lavoro ha portato alla Giulia di adesso».
Negli Usa sarebbe stata solo un "vuoto a perdere"
De Tanti ne è certo, «non si può per legge stabilire 'ora stop, non c’è più recupero', ormai c'è una ricca letteratura di casi, bisogna prevedere la possibilità di pazienti ' slow to recovery', 'lenti a recuperare', che spesso sono proprio quelli curati bene e i più giovani. In Italia il Servizio sanitario nazionale c’è e deve garantire questo diritto: negli Usa Giulia non l’avrebbero nemmeno riabilitata!». Sia chiaro, sono molto rari i casi che hanno buone possibilità, «ma importantissimo è che ci sia un team competente che si accorga se il paziente tenta di risvegliarsi: se non lo prendi subito, retrocede e lo perdi».
"Mai false speranze. Ma mai abbandono terapeutico"
Gli studi pubblicati da De Tanti su Giulia dimostrano con la Risonanza magnetica funzionale che «malgrado lo sconquasso del suo cervello» le reti neuronali che controllano il movimento, la parola e la vista sostengono queste attività, e margini di miglioramento sono ancora possibili. Ma cosa sarebbe successo se Giulia avesse avuto un padre e una madre diversi? Se i medici avessero ascoltato solo la scienza e le statistiche? «Questa storia ci dimostra due cose: mai abbassare la guardia nell’offrire la buona cura dei pazienti che ci vengono affidati. E garantire sempre la proporzionalità nei trattamenti, senza farsi condizionare da pressioni di natura economica o legislativa». Il nostro pensiero non può che andare a Vincent Lambert e alla guerra che si sta combattendo sulla sua vita in Francia: da una parte i genitori che lottano per continuare ad assisterlo, dall’altra chi pretende l’eutanasia parlando di «irragionevole ostinazione». Proprio quella per cui Giulia è viva.