giovedì 3 novembre 2022
Al via il congresso promosso da Intersos per discutere delle sfide del sistema umanitario. La più grande difficoltà delle organizzazioni è raggiungere le popolazioni che hanno bisogno di assistenza
Nino Sergi, presidente emerito di Intersos

Nino Sergi, presidente emerito di Intersos - Archivio

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Se c’è una certezza nella guerra è che «non risolve i problemi che intende eliminare, ma li sposta nel tempo». Si apre con le parole di Nino Sergi, presidente emerito e tra i fondatori nel 1992 di Intersos, il congresso in corso al MAXII di Roma (il 3 e 4 novembre) promosso dall’organizzazione non governativa in occasione del suo 30° compleanno. «La guerra aggrava i problemi – aggiunge Sergi – e lascia dietro di sé vittime civili, odi e rancore».

Nella due giorni dedicata all’analisi di un «disordine globale crescente», in cui diversi conflitti iniziati decenni fa sono ancora attivi, l’Ong si chiede se il sistema umanitario sia preparato ad affrontare guerre e disastri in continuo aumento. «Crisi protratte si sommano a crisi nuove, con il risultato che le necessità della popolazione aumentano e alcuni scenari diventano molto complessi da gestire», osserva il direttore generale di Intersos, Konstantinos Moschochoritis.

Una «situazione insostenibile» per il sistema umanitario

Si tratta di scenari che raccontano emergenze sempre più incombenti e vicine. Lo ricorda il presidente di Intersos, Mamadou Ndiaye: «Secondo dati delle Nazioni Unite – dice –, nel 2022 le persone bisognose di aiuto sono ormai 274 milioni, il 16 per cento in più rispetto al 2021». La risposta alle sfide che il sistema umanitario ha davanti andranno ricercate nei confronti in calendario (qui il programma) con esperti internazionali sulle molte crisi in atto nel mondo: dallo Yemen al Venezuela, passando per l’Iraq e l’Afghanistan (a cui sarà dedicato un incontro, domani pomeriggio, per riflettere sulle implicazioni a un anno dal ritorno dei Talebani), fino ad arrivare alla guerra in corso in Ucraina.

Konstantinos Moschochoritis, direttore generale di Intersos

Konstantinos Moschochoritis, direttore generale di Intersos - Archivio

In un momento storico in cui le crisi «iniziano, ma non finiscono», il direttore generale di Intersos, Konstantinos Moschochoritis ribadisce la necessità di «riflettere sullo stato di salute dell’azione umanitaria» perché «la situazione sta davvero diventano insostenibile». Il sistema è evidentemente sotto stress: i bisogni umanitari sono tra i più alti mai registrati e, secondo l’ultimo rapporto di Unhcr, il numero di persone sfollate nel mondo ha superato i 100 milioni.

Sempre più difficile raggiungere le popolazioni. Sergi: «La guerra va abolita»

A questo si aggiunge che «il modo in cui oggi si combattono i conflitti coinvolge sempre più vittime civili», denuncia Moschochoritis. «Oggi la più grande difficoltà dell’azione umanitaria è raggiungere le popolazioni che hanno bisogno di assistenza», spiega il segretario generale evidenziando, tra le cause di questa difficoltà, «sia il modo in cui si combatttno i conflitti, sia gli attori dei conflitti che negano questo accesso, ma anche impedimenti amministrativi come i visti negati». Compito delle Ong, allora, è di «negoziare con tutti gli attori del conflitto» per raggiungere in sicurezza le popolazioni.

Il congresso umanitario di Intersos

Il congresso umanitario di Intersos - Archivio

Ma prima ancora, serve un intervento politico affinché si ponga fine a conflitti in corso da troppo tempo perseguendo un obietttivo di pace. «Le guerre definite umanitarie sono di per sé un non senso», dice Nino Sergi in apertura del congresso. «La guerra è uno strumento che andrebbe abolito – aggiunge –, perché le risorse spese dovrebbero andare, invece, in sviluppo sociale e creazione di giustizia». Da qui, la riflessione: «Chi chiede pace è un realista, perché il futuro è insieme. Solo con il dialogo e la mediazione politica e solo con lo sforzo per capire le ragioni, spesso non banali, della parte avversa si possono costruire soluzioni durature per la pace e per la sicurezza», ha concluso Nino Sergi.

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