Solo un fatto tecnico, spiega la
minoranza Pd per allontanare da sè lo spettro di un segnale
politico a Palazzo Chigi. Resta il fatto che la cronaca di oggi
registra il governo battuto in commissione Affari
costituzionali alla Camera, sul voto di 2 emendamenti al ddl
riforme, uno di Sel e l'altro della minoranza Pd, che eliminano
dall'attuale testo del ddl i 5 senatori di nomina
presidenziale, che rimangono in carica per 7 anni. Conseguenza
formale, rispetto all'impianto delle riforme, è dunque che, di
fatto, con l'approvazione di questi due emendamenti il Senato
sara sarà composto solo da 100 senatori eletti nei consigli
regionali e non ci saranno più, invece, i 5 senatori di nomina
presidenziale.
La conseguenza politica, appunto, è quel ko per il
governo, battuto per 2 soli voti. Alcuni presenti al momento
della votazione riferiscono che anche Francesco Sanna,
esponente della maggioranza Pd, non ha votato, essendo assente
al momento della votazione. Un ruolo determinante però l'ha
avuto il voto favorevole del frondista di Forza Italia
Maurizio Bianconi. Se, infatti, Bianconi avesse votato in
accordo con il suo gruppo - che si è espresso contro i due
emendamenti di Sel e della minoranza Pd - i voti sarebbero
stati pari, cioè 21 a 21 e, in questo caso, in Commissione
avrebbe prevalso il voto contrario, come avviene quando si
riscontra la parità tra i voti a favore e quelli contrari.
Era un "emendamento tecnico", quindi, "non è un voto
politico". Spiega così il fattaccio l'esponente della
minoranza Pd Alfredo D'Attorre. Tutti gli emendamenti inerenti
la materia erano stati accantonati nella giornata di ieri per
verificare se era possibile trovare un'intesa.
D'Attorre ricorda che "ci sono altri nodi" ancora da
sciogliere e "mi auguro che l'atteggiamento dei relatori e del
governo sia diverso, rimettendosi all'orientamento che emerge
in Commissione". "Non ero presente alla votazione, ma non c'è
alcuna implicazione politica nel mancato voto", chiarisce
Francesco Sanna.