Ansa
Mentre continua la campagna di vaccinazione anti-Covid con i preparati a base di mRna (come il Comirnaty di Pfizer- BioNTech e lo Spikevax di Moderna) e Dna (quali il Vaxzevria di AstraZeneca e lo Janssen di Johnson & Johnson), e saranno a breve disponibili anche quelli a base di proteine (è il caso del Nvx-CoV2373 della Novavax, per il quale la Commissione europea ha firmato un accordo con il produttore per fornire ai Paesi dell’Unione fino a 200 milioni di dosi entro la fine del 2021 e nei prossimi due anni), si sta concretizzando anche la prospettiva di una terapia mirata precoce contro la malattia causata dal betacoronavirus Sars-CoV-2 e le sue varianti. Questo grazie alla disponibilità di un antivirale originalmente sviluppato contro l’influenza, il Molnupiravir (in codice: Mk-4482, Eidd-2801).
Si tratta di un profarmaco dell’analogo ribonucleosidico beta-D-N4-idrossicitina, che agisce come inibitore della RNA-polimerasi impedendo al virus di replicarsi all’interno delle cellule del nostro corpo. Anche in Italia, nel gennaio di quest’anno, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) aveva autorizzato lo studio clinico (multicentrico internazionale, sigla Move-out) in doppio cieco, randomizzato e controllato con placebo, per valutare l’efficacia, la sicurezza e la farmacocinetica del Molnupiravir su volontari adulti affetti da Covid-19 i cui sintomi avevano esordito non prima di cinque giorni dalla data del reclutamento ed erano a potenziale rischio di ospedalizzazione se il loro quadro clinico si fosse aggravato.
L’analisi ad interim dei risultati della Fase 3 dello studio clinico condotto dalla Merck mostra che solo il 7,3 per cento dei volontari positivi al coronavirus che avevano ricevuto il farmaco sono stati ricoverati in ospedale e nessuno di essi è deceduto, mentre nel gruppo dei positivi cui era stato somministrato il placebo il tasso di ospedalizzazione (inclusi i decessi) è stato del 14,1 per cento. Il periodo di osservazione è di 29 giorni. Nessun evento avverso maggiore è stato sinora rilevato, mentre quelli minori riportati, come l’emicrania, non sono distinguibili dai sintomi legati al Covid.
L’efficacia del 50 per cento risulta inferiore a quella degli anticorpi monoclonali, che – in fase sperimentale – hanno mostrato di ridurre i ricoveri e le morti fino all’85 per cento. Ma il Molnupiravir ha dalla sua diversi vantaggi rispetto a questi. Anzitutto può venire somministrato per via orale a domicilio, mentre i monoclonali richiedono la via endovenosa (in ambiente clinico) o, per quelli di ultima generazione, anche intramuscolare. La posologia tipica prevede l’assunzione di quattro capsule due volte al giorno per cinque giorni consecutivi. Inoltre, il farmaco della Merck è più stabile nel tempo rispetto agli anticorpi e la sua conservazione e distribuzione risulta più facile e accessibile in ogni Paese. Infine, ma non meno rilevante, il costo del trattamento completo con Molnupiravir preventivato dal Governo Usa è di circa un terzo di quello con anticorpi monoclonali e potrebbe essere coperto dal Servizio sanitario nazionale. Per i Paesi poveri, sarà necessario prevedere una campagna di finanziamento internazionale che consenta loro di acquisire le dosi necessarie del farmaco.
La Merck non è la sola azienda farmaceutica che si prepara ad immettere sul mercato un antivirale contro il Covid. Anche la Pfizer, l’Atea Pharmaceuticals e la Roche stanno sviluppando farmaci simili e i risultati delle sperimentazioni cliniche sono attesi nei prossimi mesi. Le eventuali autorizzazioni all’uso di questi prodotti potrebbero giungere in Europa il prossimo anno. Oltre alla profilassi vaccinale e alla somministrazione di anticorpi monoclonali, si sta consolidando la 'terza via' al contrasto del Covid-19 – complementare e non escludente le due precedenti, ma preziosa nel caso in cui queste non possano essere attuate – che prevede l’uso di un pannello di farmaci ad impiego precoce o precocissimo (primi sintomi della malattia) che include gli inibitori della sintesi del Rna virale ed altri agenti antivirali, gli immunomodulatori, gli antinfiammatori steroidei e non steroidei, e gli antitrombotici (antiaggreganti e anticoagulanti). Solo un 'gioco di squadra' con questi presìdi farmacologici profilattici e terapeutici riuscirà vincente nel preservare la salute e la vita dalla minaccia del Covid. Non senza, però, la collaborazione di ogni cittadino, dai bambini agli anziani, nel prevenire il contagio attraverso l’uso corretto e continuativo dei dispositivi di protezione individuale, il distanziamento fisico e l’igienizzazione del corpo e degli ambienti di vita.