«Gli investitori internazionali, come le autorità d’area euro, temono un ritorno dell’Italia agli anni passati. Quando, forse, del debito pubblico, del suo peso, del suo divenire interessava poco alla politica del nostro Paese», spiega Angelo Drusiani, esperto obbligazionario di Banca Albertini Syz. «L’esecutivo tecnico ha sì riempito di tasse i cittadini, ma se non l’avesse fatto, probabilmente, il debito pubblico italiano avrebbe potuto travolgere l’intera nazione. Una campagna elettorale condotta sul filo dell’antieuropeismo – prosegue Drusiani – potrebbe essere il leit motiv di una parte non certo secondaria delle forze politiche in campo. E questo spaventa i mercati, perché se il futuro governo non rispetterà gli impegni presi, sia dall’secutivo precedente (pareggio di bilancio), sia da questo (risanamento del debito e rilancio economia), il banco potrebbe saltare. E con il banco la stessa filosofia che ha portato alla nascita della moneta unica...».
Per Francesco Citta, dell’ufficio studi di Copernico Sim, «le annunciate dimissioni del governo Monti hanno accelerato un percorso già delineato nei suoi aspetti generali ossia la fine dell’attuale legislatura. A spaventare i mercati non è stata tanto la prospettiva di nuove elezioni quanto piuttosto l’impressione di dover convivere, nei prossimi mesi, con una campagna elettorale che potrebbe diventare logorante; è risaputo infatti come i mercati finanziari non gradiscano le situazioni di incertezza e quello che si sta delineando è un periodo potenzialmente instabile». La situazione italiana è al centro dell’attenzione internazionale. «La domanda chiave per gli investitori è se le politiche d’austerità e le riforme strutturali proseguiranno nel dopo Monti», spiega in una nota Azad Zangana, European economist di Schroders. «Si prevede che il Partito democratico guidato da Pier Luigi Bersani proseguirà nel solco della road map tracciata da Monti ». Il fatto che «un partito pro-austerity » sia favorito nelle elezioni, assieme al conseguimento dell’avanzo primario, «potrebbe rappresentare un’ulteriore opportunità d’acquisto di bond e azioni italiane», conclude l’analista.
Secondo Rbs «il Pd è stato un fedele sostenitore del governo Monti e potrebbe chiedergli di partecipare, anche se lui recentemente ha negato di essere interessato a un posto da ministro in un governo guidato dal Pd. In alternativa, potrebbe aderire a un partito di centro, come l’Udc, e fare comunque parte della coalizione. Questo scenario implica ancora una certa volatilità per gli spread – soprattutto senza Monti». Per il Credit Suisse la decisione presa dal premier rappresenta «una novità» nello scenario politico italiano. Se da una parte aumenta l’incertezza, «inevitabile » in questa fase pre-elettorale, dal-l’altra «prefigura risultati forse migliori (in termini di stabilità del mercato) che in caso contrario».