giovedì 12 aprile 2012
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Il giorno giusto potrebbe essere lunedì prossimo. L’obiettivo da raggiungere per Corrado Passera è tutt’altro che trascurabile: riuscire a fare in meno di sei mesi quello che in tre anni non è riuscito ai suoi predecessori Claudio Scajola e Paolo Romani. Sul tavolo c’è il decreto che darà forma alla Strategia energetica nazionale, un vero e proprio piano di cui il capitolo rinnovabili affrontato ieri è solo la prima parte. Un progetto che si trascina dall’inizio della legislatura e che il naufragio via referendum del nucleare ha ulteriormente fatto slittare.
Bolletta da 70 miliardiIeri il titolare dello Sviluppo economico ha voluto anticipare un aspetto centrale della politica energetica del futuro, chiarendo che il governo vuole fare dell’Italia «un vero e proprio hub del gas».Un’idea che circola da tempo tra gli addetti ai lavori: vista la posizione strategica, il nostro Paese potrebbe rappresentare uno snodo decisivo nella distribuzione del metano, sganciandosi nel medio periodo dalla schiavitù dettata dai prezzi dell’oro bianco, vincolati almeno in parte all’andamento del greggio.Pesano come un macigno due fattori su tutti: la previsione di una super-bolletta energetica nel 2012, con un salasso da 70 miliardi di euro sui contribuenti, e lo spread sui costi dell’energia sostenuti dalle nostre imprese rispetto ai competitors stranieri, pari al 30% in più.«Poter contare un domani su prezzi propri dell’energia, indipendenti dal valore del petrolio, è cosa auspicabile – osserva Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia –. Ma per fare come negli Usa, dove ci sono 3mila produttori e 3mila accessi alla rete, occorrono anche grandissime risorse. Non basta un decreto per creare un nuovo mercato».
Il nodo dei consumi<+tondo>Senza dubbio, la Strategia energetica nazionale ribadirà le tre regole auree dell’indipendenza, della diversificazione e della sicurezza negli approvvigionamenti. Al centro, ha spiegato Passera, ci saranno anche il tema «dell’efficienza energetica» e dei «maggiori investimenti in rigassificatori e stoccaggio». Dopo l’entrata a regime del terminal Adriatic Lng di Rovigo, che garantisce 8 miliardi di metri cubi di gas in più all’anno, nei prossimi mesi dovrebbe partire anche un impianto a Livorno, con una capacità di circa 4 miliardi di metri cubi.Eppure l’attesa degli operatori è su un altro punto qualificante: il rafforzamento della produzione nazionale di metano. «Sono necessari più produttori sul mercato nazionale – osserva Tabarelli –. I margini di sviluppo ci sono tutti, a patto che si possano valorizzare i giacimenti già scoperti nel Nord Adriatico, in Pianura Padana e nel Sud Italia».Paradossalmente, il settore in cui c’è meno da fare è proprio quello dell’energia verde, visto che ben due piani nazionali in materia di rinnovabili ed efficienza energetica sono già stati inviati negli ultimi anni a Bruxelles, cui si deve la corsa allo sviluppo delle fonti rinnovabili in vista della scadenza del 2020. Semmai resta da capire come si muoverà l’esecutivo in un contesto di mercato caratterizzato da una domanda elettrica in calo e da consumi in frenata anche per i prossimi mesi.«L’importante è che si privilegi la sostanza alla forma – annota ancora Tabarelli –. E la sostanza di solito prevede l’investimento su larga scala, attraverso la creazione di grandi impianti. Sarebbe una svolta in un Paese in cui da quarant’anni c’è una difficoltà estrema nel pensare a una politica energetica».
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