Il feretro di Michela Murgia viene portato fuori da Santa Maria in Montesanto, la chiesa degli artisti, al termine della celebrazione funebre - Ansa
Niente fiori, viene rimandata indietro anche una corona del Comune di Roma. E sulla bara c’è un cuscino con peperoncini, carciofi e piante selvatiche. Il funerale di Michela Murgia inizia assai prima delle 15 e 30. Quando, ad esempio, già alle 14 le prime persone sono davanti alla chiesa degli artisti, in piazza del Popolo, ad aspettare che arrivi, alle 14 e 48, accolta da un applauso lungo due o tre minuti.
Dentro ci sono i familiari della scrittrice, c’è la segretaria Pd, Elly Schlein, Roberto Saviano, Paolo Virzì, ci sono Francesca Pascale e Paola Turci, infine fuori le persone alcune centinaia, che all’uscita del feretro (portato a spalla dai familiari e da Saviano) canteranno fra qualche lacrima “Bella ciao” e applaudiranno ancora. Molti non riusciranno a entrare nella piccola chiesa (come diversi giornalisti). Qualcuno avrà qualche leggero malore per il caldo, qualcun altro si lamenterà perché «le istituzioni non hanno voluto omaggiarla - dice una giovane napoletana arrivata con sua madre -, ma non ci siamo fatti scoraggiare e siamo qui». Una studentessa venuta da Bologna rincara: «Mancano le forze dell’ordine, la sicurezza, un presidio medico, è dovuta svenire una persona per avere un’autoambulanza».
Una giovanissima che è con la madre indossa una maglietta con la scritta God save the queer, la stessa che Michela Murgia aveva sul suo abito di nozze. La Capitale, tutt’intorno, è semideserta e davvero accaldata.
Don Walter Insero, nella sua omelia, dice subito che «Michela è nell'Oltre, la sua anima è in viaggio verso il Padre, non verso il nulla». Poi si rivolge a tutti e la chiesa è piena: «Vi invito ad accogliere la testimonianza di fede che Michela ha rappresentato nel momento della malattia, della sofferenza dura che ha vissuto». E ancora: «Ci ha lasciato la testimonianza che è possibile amare nel dolore, è possibile salutare tutti e riconciliarsi con tutti».
Il sacerdote lo ricorda, poi: «I canti che ascoltiamo oggi, con i quali preghiamo, sono quelli della sua giovinezza, quando impegnata nell’Azione Cattolica si è messa al servizio degli altri». Un impegno della scrittrice anche attraverso «l’amore per la Scrittura e la teologia, che è proprio lo studio e il commento della Scrittura, e con l'insegnamento della religione».
Così, conclude don Insero, «chi ha avuto il regalo dalla Provvidenza di poter condividere con lei gli ultimi momenti, ha visto una donna affidarsi a Dio, una donna che non ha mai avuto timore di manifestare la sua fede».
E aprendo la celebrazione funebre, don Insero aveva subito letto un messaggio che il presidente della Cei ha voluto inviare per il rapporto personale con la scrittrice: «”Fai il meglio che sai”, mi aveva scritto ancora pochi giorni fa sostenendo la mia missione di pace» sottolinea il cardinale Matteo Zuppi. E va avanti: «Michela alla fine, che è il suo inizio, “capirà” pienamente quello che cercava con tutta se stessa e troverà tutte le risposte. La affidiamo a Dio».
Poi a Saviano, al termine del funerale, viene chiesto un ricordo personale di Michela Murgia: «Il modo in cui ha affrontato gli ultimi giorni - racconta -. Non ha mai smesso di essere felice. Ha scelto da che parte stare e questo per lei era il modo di essere felice».