Federico Gentile, ex capitano del Foggia
Attentato contro l’ex capitano del Foggia calcio, Federico Gentile. Nella notte è stata incendiata la porta dell’appartamento mentre il calciatore si trovava in casa con la moglie e le due figlie piccole. «Sono sconvolto – ha commentato Gentile, che da inizio stagione non è più capitano ma gioca ancora nella squadra rossonera che milita in serie C –. È un episodio gravissimo. Io sono qui solo per giocare a calcio».
Un fatto molto grave. Infatti al giocatore è stata assegnata una tutela. Lo ha deciso il prefetto di Foggia, Raffaele Grassi d'intesa coi vertici delle Forze dell'ordine. La decisione è stata presa dopo una riunione tecnica di coordinamento delle Forze di polizia alla quale ha partecipato, in videoconfetenza, anche il presidente della Lega Calcio Pro, Francesco Ghirelli.
Molto preoccupato il presidente del Foggia, Roberto Felleca. «È l’ennesima intimidazione che subisce questa società. Sono convinto che non sia questa la vera tifoseria del Foggia, ma è il momento di dimostrarlo e non di tacere». La società negli ultimi tempi ha, infatti, ricevuto diverse intimidazioni ad opera di una frangia di tifoseria contraria alla gestione Felleca. Ma forse potrebbe esserci anche altro. La squadra, infatti, compare nelle ultime due inchieste della Dda di Bari sulla 'società foggiana', la mafia del capoluogo della Capitanata, che dimostra ancora una volta l’attenzione nei clan sul calcio.
L’incendio appiccato alla porta di ingresso della casa di Gentile - ANSA
È ancora presto per fare ipotesi sull’attentato, sottolineano i magistrati, «ma sicuramente il mondo del calcio è in quella 'zona grigia' di grande interesse per i clan».
Nelle carte dell’ordinanza 'Decima Azione' del dicembre 2018, si parla apertamente di pressioni sulla società. Si legge infatti che uomini del clan Sinesi-Francavilla, in particolare Francesco Pesante detto u sgarr, «impose al Foggia l’affiliazione sportiva di persone da lui indicate. Infatti – scrivono i giudici – durante una conversazione, Pesante compulsò il patron del Foggia Sannella, per accontentare un suo amico. Il dirigente tranquillizzò Pesante riferendo che avrebbe fatto sottoscrivere il contratto alla persona indicata».
Si tratta di Luca Pompilio, poi ingaggiato dalla società, cognato di Ciro Spinelli, detenuto per tentato omicidio, privo di particolari doti sportive al punto di essere poi mandato in prestito al Melfi. Appare quindi evidente, si legge ancora, che «la sottoscrizione del contratto con il Pompilio, sia stata conseguenza delle richieste di Pesante che aveva manifestato la sua forza, rappresentando di poter avere libero accesso negli spogliatoi: 'Ma gli ho detto vedi che io vengo giù agli spogliatoi e prendi un sacco di botte, ti dò forte'». I clan avrebbero imposto anche il figlio di Rodolfo Bruno detto Cecato, boss dei Moretti-Pellegrino-Lanza ucciso il 15 novembre 2018.
E gli ex proprietari del Foggia compaiono anche nell’operazione 'Decimabis' del 16 novembre scorso. I fratelli Franco e Fedele Sannella, imprenditori del pastificio Tamma, risulterebbero tra le vittime di estorsioni. I mafiosi, tra i quali nuovamente Francesco Pesante, li avrebbero costretti «mediante minaccia, consistita nel fare implicitamente intendere che in caso di mancato versamento avrebbero subito ritorsioni tali da impedirgli la continuazione dell’attività imprenditoriale, a versare la somma di 3mila euro mensili». Ne parlano nelle intercettazioni ed è stata trovata una 'lista delle estorsioni' con i nomi degli imprenditori che sistematicamente pagano il pizzo alle 'batterie'. Nel primo foglio si legge 'Sannella 3.000'. Fedele Sannella, interrogato, ha negato in modo assoluto di essere vittima di estorsione. Secondo il gip si tratta però di un «atteggiamento omertoso che cozza con il carattere oggettivo degli atti» ed è ulteriormente significativo «della condizione di assoggettamento delle vittime».