A soli 20 giorni dal giuramento il governo si gioca oggi buona parte delle sue carte con il via libera all’annunciato 'piano choc' per il sostegno dell’economia. Al centro dell’attenzione c’è soprattutto il taglio del cuneo fiscale, un’operazione da 10 miliardi di euro nel 2014, della quale beneficeranno i lavoratori dipendenti. Ma sul tavolo dell’esecutivo c’è molta carne al fuoco. Dal Jobs act su lavoro e ammortizzatori sociali al piano casa, dallo sblocco di nuovi pagamenti della Pa verso le imprese, all’accelerazione degli interventi edilizi nelle scuole. Ministri e tecnici sono impegnati su più fronti e questa mattina ci sarà un pre-consiglio per tirare le fila delle misure (diversi decreti legge e ddl) da portare nel pomeriggio al Consiglio dei ministri. Sui tagli fiscali il Tesoro preferirebbe un rinvio di qualche giorno per definire con più precisione la questione delle coperture finanziare, anche perché il ministro del’Economia Piercalo Padoan ieri è rientrato a Roma dall’Ecofin solo in tarda serata. Palazzo Chigi però insiste e mette fretta: le coperture ci sono, sono solide e valgono circa il doppio di quelle che servono. Matteo Renzi ha annunciato una conferenza stampa alle 17 per illustrare i provvedimenti. Ormai superato il 'derby' tra gli sgravi alle imprese (Irap) e quelli ai lavoratori (Irpef) a vantaggio della seconda ipotesi. Il pressing di Confindustria è proseguito ancora ieri ma non sembra aver cambiato il vento. I benefici fiscali andranno, del tutto o quantomeno in gran parte, ai redditi dei lavoratori dipendenti in atti- vità con un aumento delle detrazioni che lascerà più soldi nelle buste paga fino a 15 mila euro. Oltre questa soglia le detrazioni si ridurrebbero via via fino ad annullarsi. Con 10 miliardi a disposizione (comprendendo anche i 2 miliardi di sgravi già decisi dal governo Letta) gli stipendi potrebbero salire di 70-80 euro al mese. Oltre a questo nelle ultime ore è emersa anche l’ipotesi, ancora da verificare, di una rimodulazione delle aliquote Irpef con un taglio di quella intermedia dal 38% al 35%: è l’aliquota che si paga sui redditi tra 28 e i 55 mila euro. In questo caso la riduzione delle imposte riguarderebbe anche la classe media, compensata da un rialzo dell’aliquota sui redditi più alti: oltre i 120mila euro l’aliquota salirebbe dal 43 al 46%. Ieri il vice-ministro all’Economia Enrico Morando ha detto che la questione delle coperture finanziarie al taglio del cuneo è «sostanzialmente risolta»: saranno articolate su misure «strutturali» e «una tantum» che nel tempo «diventeranno anch’esse strutturali». Metà almeno delle risorse che servono sono attese dalla spending review. Giusto oggi il commissario Carlo Cottarelli presenterà il suo piano al Parlamento. Per il resto si punta sul rientro e la regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero, e sulla minor spesa per interessi a seguito del calo dello spread. Nel mirino anche una riduzione delle spese militari (compreso il programma di acquisto dei caccia F35). Non ci sarebbero invece l’aumento delle imposte sulle rendite finanziarie e la stratta sulle pensioni di reversibilità. Se sul fisco il governo guarda più alle buste paga gli altri provvedimenti potrebbero essere ben accolti dal fronte delle imprese. Sul lavoro sarà presentato un ddl delega nel quale troveranno spazio misure di semplificazione normativa per le aziende. Riguardo ai contratti si parla dell’introduzione del contratto di inserimento a tutele progressive (tre anni senza articolo 18) ma anche del rafforzamento dell’apprendistato. Il Jobs act prevede poi una riforma degli ammortizzatori sociali con la progressiva sostituzione della cassa in deroga con un sussidio di disoccupazione a più largo spettro, destinato anche ai collaboratori a progetto. Prevista anche la riorganizzazione delle agenzie del lavoro, finalizzata a sviluppare il progetto «garanzia giovani» lasciato in eredità dal governo Letta. Altra misura pro-imprese è lo sblocco dei debiti accumulati dalla Pa, con un potenziamento del ruolo della cassa depositi e presti. Dai 20 miliardi di rimborsi già previsti si arriverebbe a 50-60 miliardi. Previste anche norme per evitare in futuro l’accumulo di nuovi ritardi nei pagamenti. Si chiude con il piano casa e con quello per l’edilizia scolastica.