lunedì 7 maggio 2012
​«Un figlio ad ogni costo». Il piccolo nasce con una grave malattia genetica. E adesso la colpa sarebbe della legge 40.
«Eterologa? Il Paese non l'accetterebbe»
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Non si rassegnavano alla sterilità. Anzi, pretendevano un figlio ad ogni costo. Ma, al di là di qualsiasi considerazione etica, ogni scelta dovrebbe fare i conti almeno con il più pragmatico dei principi, quello di precauzione. Se una coppia di rivolge prima a Cipro e poi a Creta per sottoporsi a una pratica delicata e complessa come una fecondazione assistita, dovrebbe prevedere in conto qualche rischio. Ma è giusto mettere a repentaglio il futuro di un bambino solo per la pervivacia di un desiderio che non si rassegna a fare i conti con la realtà? Quale garanzia possono dare laboratori così defilati e periferici? E adesso che l’irreparabile è accaduto, che senso ha puntare il dito contro la legge 40 che – a loro dire – li avrebbe costretti a questo drammatico, ma anche un po’ delirante turismo procreatico? Sono domande che rimangono sospese tra il dolore per la gravissima patologia di un bambino e la pietà cristiana con cui occorre sempre e comunque guardare alla confusione interiore di due genitori spinti a un passo così rischioso da una speranza profondamente umana come quella di avere un figlio. Il caso nasce quando una coppia italiana si rivolge al centro di fecondazione assistita "Clinica Matera Fertility Crete", a Creta, per avere un figlio con la fecondazione eterologa, vietata in Italia dalla legge 40. Il bambino nasce con la neurofibromatosi, patologia genetica rara e mortale di cui il padre non è portatore e le cui basi risiedono invece nell’ovocita donato, in anonimato, da una donna alla clinica greca. Alla nascita il bimbo dà i primi segnali della malattia, ma il centro medico non fornisce informazioni sulla donatrice. La coppia gira gli ospedali italiani, spende tutti i risparmi, perdono entrambi il lavoro per le continue assenze. La madre mette addirittura all’asta un suo rene su Internet per affrontare le spese per curare il piccolo, cosciente del divieto. Tutto questo, in estrema sintesi, quanto marito e moglie raccontano in una lettera di denuncia al presidente della Repubblica. «Se avessimo potuto tentare di avere un figlio nel nostro Paese con le garanzie che fino al 2004 vi erano per l’eterologa non saremmo così disperati» scrivono i genitori. Vicenda drammatica, su cui riflettere e far riflettere.
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