mercoledì 16 gennaio 2019
Voucher baby sitter e bonus asilo nido di 600 euro: non c’è la proroga al 2019 del contributo alternativo al congedo parentale. L’INPS chiuse lo sportello per fare domanda.
Famiglia, abrogato il voucher per le babysitter
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Il voucher babysitter è cancellato. Per la misura, unica alternativa al congedo parentale facoltativo, non è più possibile fare richiesta dall’1 gennaio 2019. Potrà usufruirne ancora chi si è mosso prima di questa data. Lo comunica ufficialmente l’Inps dal proprio portale, come riferito anche dalla piattaforma europea di assistenza all’infanzia Yoopies.

Nel 2017 ne avevano usufruito 8.100 mamme per una spesa di circa 29,4 milioni di euro. Il numero dei beneficiari, dall’anno sperimentale 2013 (il voucher fu varato dall’ex ministro Elsa Fornero), era in crescita. L’intervento consisteva in un assegno sino a un massimo di 600 euro al mese per un massimo di 6 mensilità, ed era aperto anche a lavoratrici autonome e imprenditrici. In sostanza, chi voleva tornare al lavoro dopo la maternità obbligatoria poteva ricorrere a questo strumento, il voucher, per ingaggiare una babysitter (ovviamente regolarizzata).

Vigeva inoltre la possibilità per la lavoratrice di restituire i voucher non utilizzati recuperando così porzioni di congedo parentale facoltativo. « L’annullamento del contributo – spiega Benjamin Suchar di Yoopies – è un passo indietro e ha gravi conseguenze rispetto alla facilità di rientrare sul mercato del lavoro, all’interno di un contesto europeo volto invece a favorire il binomio mamma- lavoro » . A parziale compensazione della mancata proroga del voucher, la manovra ha però confermato il bonus-nido alzandolo a 1.500 euro annui e il bonusbebè con una maggiorazione del 20 per cento sul secondo figlio.

Tuttavia, il vero passo indietro è nel fatto che il voucher per le babysitter rappresentava un’alternativa valida al congedo parentale facoltativo. È la seconda misura dell’esecutivo che non appare pienamente a favore di mamma, insieme a quella che prevede la possibilità di lavorare sino all’ultimo giorno di gravidanza e di spostare a dopo il parto i cinque mesi di maternità. Una opzione non obbligatoria che però ha allarmato sia il mondo medico, per l’imprevedibilità delle ultime settimane di gravidanza, sia i sindacati, per possibili abusi a danno della salute delle donne.

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