giovedì 9 febbraio 2023
Due attiviste dell’Associazione Coscioni hanno accompagnato in Svizzera la donna, 89 anni, che è morta conil suicidio assistito. In Italia non sarebbe rientrata nei requisiti indicati dalla Consulta
Eutanasia, «metodo Cappato»per una malata di Parkinson

ALESSIO PETRUCCI

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Paola R., la donna 89enne bolognese malata di Parkinson, che aveva chiesto aiuto all'associazione Coscioni per il suicidio assistito, è morta in Svizzera autosomministrandosi un farmaco eutanasico. Lo ha fatto sapere la stessa associazione, raccontando in una nota che la signora Paola è stata accompagnata in Svizzera dalle due attiviste Virginia Fiume e Felicetta Maltese, che oggi (dopo essere rientrate in Italia) andranno ad autodenunciarsi dai Carabinieri di Bologna, rischiando - annota sempre l'associazione - da 5 a 12 anni di carcere.

La signora Paola non era tenuta in vita da alcun trattamento di sostegno vitale, e, quindi, sarebbe stata esclusa dai requisiti indicati dalla Corte costituzionale nella sentenza Dj Fabo/Cappato.

La donna - alla quale la malattia irreversibile impediva quasi completamente di muoversi e anche di parlare - aveva contattato Marco Cappato attraverso il numero bianco dell'associazione “Luca Coscioni”, poi lunedì scorso era stata accompagnata in Svizzera da Felicetta Maltese (71 anni, attivista della campagna Eutanasia legale) e da Virginia Fiume (39 anni, co-presidente del movimento paneuropeo EUmans), entrambe iscritte all'organizzazione “Soccorso civile”, fondata da Marco Cappato, Mina Welby e Gustavo Fraticelli.

Una volta in Svizzera, dopo le visite di verifica delle sue condizioni, durante le quali ha anche confermato la sua volontà, la signora s’è appunto autosomministrata la dose di farmaco eutanasico. «Tale decisione è maturata nel tempo», riferisce sempre la nota dell’associazione Coscioni. Che riporta le parole della signora: «“Dal 2012 un inizio di malessere chiaramente diagnosticato nel 2015, poi un graduale e lento decorso verso la totale immobilità. Ora sono vigile in un corpo diventato gabbia senza spazio né speranza. Anzi stringe, ora dopo ora, inesorabile la morsa. La diagnosi è un parkinsonismo irreversibile e feroce, Taupatia, arrivata oggi ad uno stadio che non mi consente più di vivere. Non sono autonoma in nulla, tranne che nel pensiero”».

Sottolinea poi l’associazione Coscioni, che «ha ottenuto in Svizzera ciò a cui avrebbe voluto poter accedere nella sua casa a Bologna: l’aiuto medico a terminare una sofferenza ormai divenuta insopportabile a causa di una malattia irreversibile, il morbo di Parkinson».

Anche Marco Cappato, che non ha personalmente accompagnato la signora Paola, si autodenuncerà oggi, in veste di legale rappresentante dell’associazione “Soccorso civile”, della quale fanno parte diciassette disobbedienti civili e che fornisce informazioni, in alcuni casi assistenza logistica e finanziaria, per ottenere aiuto medico alla morte volontaria.

Filomena Gallo, avvocato e segretaria dell’associazione Coscioni, ha fatto sapere che «Paola è stata costretta a ricorrere al suicidio assistito all’estero perché, non essendo ancora nella condizione di dipendere da sostegni vitali da poter rifiutare o sospendere, non poteva accedere a questa pratica in Italia». Quindi - secondo la legale - si tratterebbe di «discriminazione tra malati scaturita dalla decisione con cui la Corte costituzionale nel 2019 ha depenalizzato l’aiuto al suicidio solo per malati in determinate condizioni».

Ancora, secondo l’avvocato Gallo: «La stessa Corte ha sollecitato il Parlamento ad emanare una legge che rispetti le scelte di fine vita delle persone malate. Siamo nel 2023 e a parte un tentativo nella scorsa legislatura, peraltro con un testo di legge inadeguato, il Parlamento non solo non legifera, ma non discute nemmeno per un minuto il tema». Morale? «A seguito delle nuove disobbedienze civili, saranno ancora una volta i Tribunali ad intervenire sui singoli casi», ha concluso il legale.

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