lunedì 19 novembre 2012
Viaggio a San Felice sul Panaro. Nel settore produttivo qualcuno ha gettato la spugna ma molte aziende sono già ripartite. «Continuiamo a lavorare perché questa è la nostra terra.
Gli imprenditori: prorogare i termini e ammettere ai contributi anche chi non ha avuto danni materiali ma ha perso fatturato.
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Nella zona industriale, l’unico a non aver subi­to danni è il ristorante Papillon. Ma quante gliene ha fatte passare il Comune al signor Nel­lo... «I lavori sono iniziati poco dopo il terremoto del­l’Irpinia - racconta - e nessuno ci voleva qui, così si so­no inventati che dovevamo seguire scrupolosamente la normativa antisismica. Han­no mandato geologi e ingegneri, mi hanno fatto spendere una for­tuna nelle fondazioni...» In que­sti sei mesi il ristorante non è ri­masto chiuso un sol giorno: neanche una crepa. Tutt’intorno, invece, il terremoto del 20 mag­gio si è dato da fare in maniera certosina. Lo si capisce da come si lavora, perché di macerie nel­le fabbriche tra Mirandola e Me­dolla, San Felice e Finale Emilia ne sono rimaste poche. È tutto un formicaio di muratori e saldatori: l’Emilia laboriosa che non la ferma neanche il terremoto, un epos tal­mente reale che quando padroni e operai sono morti sotto le stesse travi, a causa della seconda scossa, la mattina del 29, nessuno si è stracciato le vesti. La tra­gedia si era consumata da poche ore, quando il go­vernatore- commissario, Vasco Errani, chiariva che l’E­milia voleva ripartire «subito» e che il distretto del bio­medicale e della piastrella non doveva fermarsi. Più d’uno ha letto i recenti tentennamenti europei sui 670 milioni di aiuti come un maldestro tentativo di con­correnza industriale dei Paesi nordeuropei. «Non stupitevi se continuiamo a lavorare dove è mor­ta la nostra gente: questa è la nostra terra, questo è il nostro lavoro e questa è la nostra vita - sintetizza Pao­lo Stabellini, proprietario del gruppo Edilteco - . Anche noi la mattina del 29 eravamo tutti al lavoro per sgom­berare e ripartire». Ci accoglie nello stabilimento in cui produceva isolanti per costruzioni: è rimasto un piazzale coperto dal cielo. Tremila metri venuti giù. Sono saltati i ganci a vite prigioniera: il brevetto è dif­fusissimo tra chi monta prefabbricati ma sismica­mente non è un granché. «Abbiamo trasferito le mac­chine in altri capannoni - racconta - e gli uffici in una struttura provvisoria». Calcola «danni per milioni». Lo Stato ne rifonderà l’80%, pagando direttamente le im­prese che faranno i lavori. Il dubbio che quei soldi ar­rivino tardi e male però serpeggia. Chi era assicurato contro il terremoto, perché il capannone era in lea­sing, ha già iniziato a ricostruire. Davanti alla Edilte­co, una grande fabbrica di carta è stata smantellata e ricostruita in sei mesi. Quaranta passi più in là, inve­ce, si erge silenzioso lo stabilimento Cargill, chiuso per sempre. Finora il governo ha trovato nove miliardi sugli oltre dodici che servono. Sei copriranno i costi della rico­struzione materiale di case e imprese. C’è maretta, in­vece, intorno ai sei del decreto 174 che regola la mo­ratoria fiscale e dev’essere con­vertito in legge dal Senato. L’al­troieri il Consiglio dei ministri ha esteso le agevolazioni ai liberi professionisti e ha avviato la pro­cedura di pagamento: versa­menti entro il 16 dicembre e rim­borso per le imprese sotto forma di prestito bancario a interessi ze­ro in due anni, coperto dallo Sta­to attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Può accedervi, però, so­lo chi presenta danni alle strut­ture e non chi ha subito solo per­dite di fatturato: il sisma ha sconvolto il quadro di com­mittenti e fornitori. Il meccanismo serve a tacitare le obiezioni dell’Europa su fiscal compact e aiuti di Sta­to ma che crea una voragine nei conti delle Pmi. «Prorogare ulteriormente i pagamenti e allargare l’e­lenco a chi ha visto crollare il fatturato - insiste Gio­vanni Messori, direttore di Confindustria Modena - ci pare ragionevole, tant’è vero che Errani ci sostiene». Palazzo Chigi non ci sente e sono preoccupati anche i lavoratori, per i quali è previsto un prestito solo par­ziale. «il governo ha posto un limite massimo alle ri­tenute, il quinto dello stipendio, ma non si aiutano di­pendenti e pensionati costringendoli a versare tasse e Imu a sei mesi dalla tragedia; altri terremoti hanno a­vuto agevolazioni ben più cospicue» osserva Franco Sa­racino, responsabile fiscale della Cisl modenese. Il cratere vale quasi venti miliardi di valore aggiunto e ne genera oltre dodici in export. Industria e terziario, che danno lavoro a 270mila persone, hanno subito danni per tre miliardi. Altrettanti l’agricoltura. La fine della moratoria fiscale raggela, perché, come ricorda Stabellini, «la liquidità serve a finanziare la ricostru­zione in attesa che arrivino i contributi, e fermarsi o­ra significa sparire dal mercato». Qualcuno minaccia lo sciopero fiscale. Luigi Mai, presidente della Cna di Modena, avverte: «si alza il livello della tensione so­ciale ». Il terremoto, stimano gli artigiani, farà crollare il fatturato del 40%.
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