Si profila un
election day per il 17 o il 24 febbraio. In una di quelle due date infatti si svolgeranno allo stesso tempo le politiche ed anche le amministrative in Lombardia e in Molise. Lo ha annunciato ieri il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, specificando che la determinazione esatta del giorno del voto dipenderà da quando il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, scioglierà le Camere. Un
election day che non comprende le amministrative del Lazio, per le quali «c’è una sentenza del Tar che per ora impone il voto il 3 e 4 febbraio». Il precipitarsi degli eventi istituzionali, però, comporta la parola fine per numerosi provvedimenti in corso d’opera. A cominciare dalla riforma del sistema di voto, sulla quale il presidente della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, Carlo Vizzini, intona il requiem. «Direi che la legge elettorale sia da consegnare agli archivi – notifica il senatore del Pdl –. È un fallimento della politica, che aveva assunto sue soli compiti, quello della riforma del Parlamento per avere Camere più snelle e quello di una riforma elettorale. Così non è stato e di questo bisognerà rendere conto ai cittadini, spiegare loro perché». Si salva per ora solo la indispensabile legge di stabilità che sarà all’esame dell’aula del Senato il 18 dicembre, come previsto dal calendario, e passerà alla Camera in terza lettura entro il 19 dicembre, come anticipa il relatore del Pdl, Paolo Tancredi. È «inevitabile» e «scontata» la fiducia che il governo, per quanto dimissionario, porrà sul ddl per riuscire ad approvare il provvedimento prima di Natale. Il ddl è previsto per l’aula il 18 ma è possibile che sia anticipato di un giorno, anche se «la modifica del calendario dipende dal presidente del Senato, Renato Schifani», ricorda Tancredi. Secondo il senatore del centrodestra «la deadline» per la approvazione resta Natale. Ma più precisamente si punta al 20 dicembre per licenziare il provvedimento. Se il calendario, infatti, fosse confermato, Montecitorio avrebbe due giorni per il via libera definitivo del provvedimento, aprendo la strada alle dimissioni del premier Mario Monti che potrebbero già arrivare il 21 dicembre. Il governo, peraltro, sembra intenzionato a travasare nella legge di stabilità solo alcuni contenuti di altri disegni di legge che altrimenti non vedrebbero la luce. Le ultime previsioni escludono l’inclusione del dl sull’Ilva, mentre verrebbero inserite alcune parti del Milleproroghe in elaborazione. Molto più difficile è che ciò avvenga per il decreto sviluppo. Indicazioni più chiare si avranno in giornata con la presentazione degli emendamenti da parte dei relatori. Sulla Tobin tax non c’è accordo tra i due relatori (l’altro è Giovanni Legnini, Pd). «Lo deve fare il governo e la deve correggere», insiste Tancredi, replicando a chi gli domanda se ci saranno modifiche a riguardo. Per il Pd, precisa Legnini, la Tobin tax insieme agli enti territoriali, e l’emergenza sociale sono delle priorità. E tutto ciò significa discutere di «patto di stabilità, sanità, ammortizzatori in deroga, rincongiunzioni previdenziali e precari». Il Pd, quindi, è disposto a ritirare gli altri emendamenti ma non a rinunciare a quelle che definisce priorità. Quanto alla Tobin tax, Legnini replica al relatore del Pdl: «Va sistemata, va riscritta. Il testo lo sta scrivendo il governo, poi noi diremo dei sì e dei no come avviene sempre». I due relatori invece dovrebbero formalizzare l’emendamento sul trasferimento dell’Imu ai comuni. Nella legge di stabilità, sottolinea Tancredi, «può entrare tutto. Anche l’Ilva, ma questo è figlio di un accordo politico». In realtà il Pd è contrario a riversare il decreto nella legge di stabilità e Legnini precisa che a suo parere il provvedimento deve seguire suo corso. Diversa sorte invece dovrebbe toccare al dl sul Tfr, sul quale «spiega c’è intesa» e che quindi sarà inserito nella legge di Stabilità, così come qualche spiraglio ci potrebbe essere per alcune norme della delega fiscale, altrimenti destinata agli archivi.