venerdì 24 settembre 2021
Oggi i bolognesi si interrogano sull’esigenza di rivedere il welfare, per tornare a essere un laboratorio d’idee e di buone pratiche

Sono otto i candidati sindaco in corsa per Palazzo d’Accursio. E 19 le liste presentate in Comune in vista delle elezioni del 3 e 4 ottobre. I due favoriti sono il candidato di centrosinistra, Matteo Lepore (che punta a vincere direttamente al primo turno) supportato da ben sette liste, e il candidato civico Fabio Battistini, che oltre che alla sua 'Bologna ci piace', è sostenuto da Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Popolo della famiglia. Sotto le Due Torri il cosiddetto «terzo polo» è rappresentato dal Bologna Forum Civico, fondato dal candidato Stefano Sermenghi (ex dem renziano) con l’ex leghista Manes Bernardini e l’ex grillino Giovanni Favia, sostenuto anche da Italexit, il movimento guidato a livello nazionale dal senatore e giornalista Gianluca Paragone. Gli altri candidati sono tutti sostenuti da una sola lista: Sinistra unita (a cui hanno aderito Rifondazione e Pci) per Dora Palumbo, geologa ed ex consigliere M5s; Potere al popolo per Marta Collot, già candidata alle regionali 2020; '3V - Liberta verità' per Andrea Tosatto, il Partito comunista dei lavoratori per Federico Bacchiocchi e il Movimento 24 agosto per Luca Labanti.

BATTISTINI (CENTRODESTRA)

«È una città stanca, bloccata per progetti soprattutto ideologici»

Bologna merita di più. Così ho ripetuto in questi lunghi mesi in cui, insieme a un gruppo di amici, mi sono candidato per offrire il mio contributo alla città mia e dei miei figli. L’abbiamo fatto non perché spinti da partiti (alcuni sono venuti dopo), ma spinti da un motivo ideale. Stiamo vivendo una fase grave, piena di contraddizioni, di grande dolore e di prove. Occorre che chi può, per educazione ricevuta, per accensione di cuore, ha risorse per impegnarsi e per metterci la faccia, compia un passo avanti, mettendo a rischio molte cose di sé. E dia un contributo. Farlo attraverso l’azione politica è tanto importante quanto attraverso la carità, se è vero che i Papi, da Paolo VI a Francesco, la chiamano la sua forma «più alta».

Il nostro popolo è ferito, smarrito, preda di luoghi comuni, di tendenze mortificanti la persona e la società. Chi ha la fede che ha fatto grande e unica l’Italia non può non averne stretto il cuore. E non può non avere l’animo teso a valorizzare ogni seme, anche piccolo, di speranza, tenacia e ripresa. I problemi a cui metter mano con spirito non fazioso sono tanti, non solo quelli più visibili e eclatanti, come il degrado, l’insicurezza, la disoccupazione. Ma anche quelli meno visibili e spesso più scomodi: la questione giovanile, che passa dai disagi che nutrono il vasto e terribile fenomeno delle tossicodipendenze e della rabbia, fino al senso di precarietà esistenziale e lavorativa che incide sulla capacità generativa di una società. Bologna è vecchia, stanca, bloccata da amministrazioni che la usano per progetti politici e ideologici e non per favorire la crescita e lo sviluppo.

Mi sono esposto perché mi anima la speranza. Conosco pericoli e ambiguità della politica, ma ho fiducia nel desiderio di bene innato in tutti.

LEPORE (CENTROSINISTRA)

«Farò un’azione forte e immediata contro le diseguaglianze»

Bologna può essere la città più progressista e democratica d’Italia se saprà affermare il diritto alla fragilità. Le domande cambiano nel tempo e richiedono risposte nuove. La pandemia ha messo in luce tante fragilità, crescenti disuguaglianze, la pervasività della cultura dello scarto e l’individualismo.

La tenuta sociale, anche in una realtà come la nostra, è stata messa a dura prova. Ho visto con i miei occhi in questo anno come la pandemia ha colpito le fasce più deboli e meno protette di cittadini, ma ho visto anche come la nostra comunità ha saputo reagire, organizzandosi e collaborando con le istituzioni per dare risposte, non solo nell’emergenza. Un anno fa, quando ho avanzato la mia candidatura a sindaco di Bologna, ho fatto una scelta precisa: incontrare più persone possibili. Uscire per strada ed andare a scoprire dove sono le fragilità, quelle che non si vedono, perché spesso non hanno voce. Da questo viaggio, ad oggi con più di 670 incontri, sono nate diverse proposte che guardano a quelle fragilità e provano a dare risposte strutturali a partire dall’istituzione nei primi cento giorni di mandato di un dipartimento dedicato al superamento delle diseguaglianze e il sostegno alla fragilità, che opererà in modo trasversale alle varie deleghe. Ma saranno al centro della nostra azione anche nidi e scuole, per sostenere le famiglie, l’ampliamento della rete di servizi per anziani e la sanità di prossimità. Così come strumenti per supportare le fragilità economiche, perché tutti possiamo prima o poi trovarci in difficoltà. Quando penso a Bologna città più progressista d’Italia penso a una città capace di inventare nuovi modi stare insieme, di affrontare i problemi e promuovere la cultura della solidarietà. L’unica cosa che lasceremo fuori dalle mura sarà l’indifferenza.

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