Ansa
L'Italia può ringraziare la legge sulle quote rosa nelle società quotate in Borsa. È merito di quella normativa se il nostro Paese non sfigura nella classifica della leadership femminile in Europa compilata per il terzo anno consecutivo dall'Ewob, l'European Women on Boards, associazione che ogni anno analizza i consigli di amministrazione e le posizioni apicali nelle aziende.
Ebbene, dall'analisi presentata oggi risulta che nel 2021 erano donne solo il 35% dei membri dei Cda delle 668 società quotate di 19 Paesi europei. Si tratta di un aumento di un solo punto percentuale rispetto all'anno precedente. E le amministratrici delegate sono appena 50, ovvero il 7%.A livello di dirigenza, l'assenza delle donne è ancora maggiore rispetto ai Cda, con gli uomini che occupano l'81% delle posizioni.
Il tutto in un'Europa che ha in tre donne le sue figure apicali: von der Leyen (Commissione), Roberta Metsola (Parlamento) e Christine Lagarde (Banca centrale).
E proprio da Ursula von der Leyen arriva un endorsement importante. In un video pubblicato sul suo profilo Twitter, la presidente della Commissione Europea dice che si impegnerà perché la legge sulle quote nei board diventi una legge europea. "Troppo spesso, quando si guarda alle posizioni di vertice, gli uomini dicono che è difficile trovare donne con il profilo giusto. Bene, se le cercate seriamente, le troverete. È ora di rompere il tetto di cristallo. Spingerò per garantire che la nostra proposta sulle donne nei consigli di amministrazione diventi legge dell'Ue".
Too often, when looking at top positions, men say that it is hard to find women with the right profile.
Well, if you are seriously looking for them, you will find them.
Time to break the glass ceiling.
I will push to ensure that our proposal on Women on Boards becomes EU law. pic.twitter.com/O0azjELt87
La ricerca dell'Ewob mette in luce che ci può essere un effetto virtuoso: con una dirigenza più "rosa" anche le altre donne sono spinte verso l'alto: le aziende guidate da una Ceo donna, infatti, hanno il doppio delle donne in posizione apicale (38%) rispetto alla media delle aziende (19%), mentre nelle aziende guidate da un uomo le donne vengono selezionate solo per un 30% delle posizioni vacanti.
Tra i Paesi europei, i più virtuosi nell'Indice per la parità di genere (Gender Diversity Index) (dove 1 è la parità totale uomo-donna) sono la Norvegia (0,72) e la Francia (0,71), mentre in fondo alla classifica troviamo la Grecia (0,24) e la Polonia (0,41).
E l'Italia?
Il nostro Paese ha raggiunto un indice di 0,62, leggermente superiore alla media europea, mantenendo la sesta posizione. Come dicevamo all'inizio, l'Italia raccoglie i frutti di una legislazione favorevole, che obbliga a una quota del 40% di donne nei Cda e nei collegi sindacali delle società quotate in Borsa. I dati indicano che l'obiettivo è stato raggiunto e addirittura superato (47%). Ma la percentuale crolla al 15% se si considerano le donne presidenti dei Cda.
Ancora meno le amministratrici delegate, appena il 3%, con una perdita di un punto percentuale (lo scorso anno erano il 4%).
“In Italia c’è ancora un tema di rappresentanza femminile. Il dato del 3% di donne ai vertici delle aziende è preoccupante e dimostra che siamo molto lontani dalla parità e che c’è ancora tanto lavoro da fare per cambiare la cultura aziendale - commenta Paola Mascaro, presidente di Valore D, membro dell'associazione Ewob -. Le aziende guidate da una Ceo hanno il doppio delle donne in posizione apicale rispetto alla media delle altre aziende. È quindi necessario accelerare, promuovere lo sviluppo della leadership inclusiva”.