Crescono le violenze ai danni delle persone con disabilità - Siciliani
L’ultima umiliazione è andata in scena a Grosseto, due settimane fa. «Sei storto di testa?», si è sentito apostrofare un 16enne disabile mentre andava a scuola. Il ragazzo, che soffre di una grave malattia neurodegenerativa muscolare, è stato inseguito, molestato e filmato dal bullo di turno, che poi ha immancabilmente postato sui social la sua prodezza. Mentre i like fioccavano, la vittima chiedeva disperatamente aiuto inviando messaggi ai familiari. Finché una professoressa si è resa conto di quello che stava accedendo ed è corsa fuori, interrompendo la persecuzione. Ma i casi di minori disabili presi di mira ultimamente si sprecano. Un mese fa a Urgnano, nella Bassa bergamasca, un sacerdote era stato costretto a chiudere l’oratorio dopo che un gruppo di giovani pachistani si era accanito contro uno sfortunato ragazzino africano. A Caserta, tre under 14 sono stati ammoniti dal questore per aver trasformato in zimbello un compagno autistico, creando addirittura una chat per inventare e scambiarsi gli insulti più odiosi. Durante una delle violenze quotidiane, la vittima è stata anche costretta a spogliarsi. Ma gli esempi si moltiplicano, nell’indifferenza quasi generale. Ogni tanto qualcuno si oppone, mentre i più fanno finta di niente o si lasciano scappare qualche sghignazzo per compiacere il branco.
Eppure c’è poco da ridere. Se n’era accorta già una decina d’anni fa l’Agenzia europea per i diritti fondamentali, che elaborò la ricerca “Violenza contro minori con disabilità: legislazione, politiche e programmi nell’Unione europea”. A oggi, rimane uno dei pochissimi tentativi di affrontare il problema dal punto di vista istituzionale. Tra i meriti del dossier - realizzato sulla base di interviste effettuate tra soggetti chiamati ad attuare nei loro Paesi la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (Cprd) – l’aver tentato di quantificare un fenomeno che tende a sfuggire alle statistiche, vuoi per la ritrosia a denunciare, vuoi per la difficoltà di definire con esattezza cosa sia la diversità. Il dato di partenza è stato quindi quello fornito dall’Unicef: l’organismo dell’Onu stima che un minore disabile abbia una probabilità di subire violenza fisica o sessuale 3-4 volte superiore rispetto a quella di un coetaneo. In Gran Bretagna si è osservato che esistono addirittura disabili di serie A e di serie B. «Abbiamo calcolato che un ragazzo di colore con bisogni educativi speciali – raccontò un professionista intervistato – e proveniente da un contesto a basso reddito, ha 168 probabilità in più di essere escluso da una scuola rispetto a una ragazza con necessità simili proveniente da un quartiere benestante». Povertà ed etnia, insomma, esasperano ulteriormente la fragilità.
Differenze e discriminazioni sono una costante in tutto il continente e favoriscono un contesto in cui il disabile finisce per diventare il bersaglio ideale contro cui si sfogano prepotenze e frustrazioni altrui. Anche perché manca qualcosa sul piano giuridico: solo in 13 Paesi membri (l’Italia fortunatamente è tra questi) la condizione di particolare debolezza della vittima è un’aggravante nella determinazione della pena. In mezza Europa, invece, è solo una “colpa” di chi subisce. Tra i principali nodi da sciogliere c’è la formazione, sottolinea il rapporto. «Bisogna spiegare a insegnanti, educatori, sanitari e assistenti sociali come riconoscere i segni di abuso su un disabile, che a volte non riesce a rendersi conto della violenza subita, o quanto meno non sa come manifestare il suo disagio». Questo vale soprattutto per la sfera sessuale: secondo lo studio dell’agenzia, chi si occupa del soggetto fragile dovrebbe aiutarlo a distinguere tra ciò che è lecito e ciò che non lo è. Questioni complicate anche dall’indifferenza diffusa, e amplificate dall’isolamento sociale in cui spesso vivono i minori diversamente abili. Occorre invece coinvolgerli sempre più nei programmi di prevenzione – è la raccomandazione – per aiutarli ad avvistare orchi e bulli prima che siano troppo vicini. Ed è necessario evitare il più possibile la collocazione dei minori fragili in istituti, poiché in questa situazione, secondo l’agenzia Ue, «aumenta le probabilità che siano trascurati o rimangano vittima di violenza psichica, fisica o sessuale».
Questo anche perché questi episodi, confinati dentro le 4 mura, «possono essere facilmente occultati». Senza contare che i controlli scattano solo dopo che c’è stata una denuncia, e raramente in chiave preventiva. Ma la violenza motivata da pregiudizio verso il “diverso” colpisce anche gli adulti. Secondo i dati forniti dall’Oscad, l’Osservatorio del Viminale per la sicurezza contro gli atti discriminatori, nel 2022 – la più recente statistica disponibile – sono stati denunciati 191 reati scatenati dall’odio contro i disabili, più di uno ogni due giorni. Su tutti spiccano i danneggiamenti delle proprietà (52), i furti (43), le aggressioni fisiche (47) e le minacce (27). Ci sono stati però anche 3 omicidi che hanno avuto come movente l’insofferenza verso la disabilità. Nel 2021 era andata anche peggio, con 202 casi. Ma è una consolazione da poco.