giovedì 9 febbraio 2012
Sul bilancio familiare incide pesantemente anche la maggior parte del costo delle terapie non farmacologiche, come quelle cognitivo-comportamentali. Servizi scarsi e isolamento sociale: i parenti costretti a farsi carico di indebite supplenze.
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Disabilità da ridefinire. Per individuarne non solo gli aspetti fisici e psichici, ma anche quelli psico-sociali. Il ministro della Salute Renato Balduzzi annuncia la «prossima emanazione» di un decreto per la revisione delle disabilità, un passaggio che «darà un rilievo maggiore ad una nozione più ampia del concetto di disabilità, prevedendo non solo la disabilità motoria ma anche profili di carattere psico-sociale». La dichiarazione di Balduzzi arriva alla presentazione della ricerca realizzato dal Censis per la fondazione Serono sul vissuto delle persone con sclerosi multipla o autismo e l’impatto sulle famiglie. Uno studio che evidenzia ritardi nelle diagnosi, scarsa disponibilità di terapie non farmacologiche, insufficienza dei servizi socio-assistenziali.E denuncia sia l’isolamento sociale del 60% dei malati di sclerosi che l’impossibilità, per la metà delle madri di autistici, di continuare a lavorare come prima.L’impatto di queste due gravi patologie dunque è ancora troppo pesante per le famiglie dei malati. E il ministro Balduzzi assicura che nell’ambito del Patto per la salute «che stiamo condividendo con le Regioni, ci sarà lo spazio per un Piano nazionale per le fragilità e la non autosufficienza, al cui interno la domanda di risorse economiche spero potrà trovare e troverà un’adeguata risposta». Alle persone disabili e alle loro famiglie che denunciano carenze ancora gravi nel servizio socio-sanitario, Balduzzi risponde che l’assistenza domiciliare «è sicuramente da potenziare: a questo proposito abbiamo già molte buone pratiche regionali che bisogna riuscire a generalizzare, facendo diventare la domiciliarità e la continuità assistenziale fatti reali e operativi».Ancora oggi le famiglie dei disabili sono costrette a farsi carico di indebite supplenze. La ricerca del Censis per la Fondazione Casare Serono evidenzia, tra l’altro, come l’autismo ha un impatto pesantissimo sulla vita lavorativa di due famiglie su tre (il 65,9%). In particolare, il 25,9% delle madri ha dovuto interrompere il lavoro, il 23,4% ha lo ha ridotto. Le ore di assistenza e sorveglianza mediamente sono più di 17 al giorno, onere nella stragrande maggioranza dei casi tutto a carico delle famiglie.Sul bilancio familiare pesa anche la maggior parte del costo delle terapie non farmacologiche, come quelle cognitivo-comportamentali: delle 5,2 ore settimanali ricevute in media dalle persone con autismo, 3,2 vengono pagate di tasca propria. Le più diffuse sono logopedia (32,8%), psicomotricità (30,8%) e psicoterapia (13,9%). Interventi che coinvolgono quasi tutti i bambini, mentre il 30% degli adolescenti e degli adulti non riceve nessuna di queste terapie.Omogeneo sul territorio nazionale il numero di ore di sostegno ricevute da un insegnante: 15,9 alla settimana. Disomogeneo invece quello degli educatori inviati dal Comune (5,3 ore settimanali), dagli assistenti alla comunicazione (2 ore) e da operatori di altro tipo (0,9 ore): molto più ridotto al Sud, dove le ore ricevute complessivamente da personale pubblico sono 19,1 in media alla settimana rispetto alle 24,1 della media nazionale.Anche i dati sul vissuto dei nuclei familiari con persone affette da sclerosi «confermano l’assoluta centralità della famiglia nell’assistenza, a fronte di un sistema di servizi formali evidentemente inadeguato». Complessivamente è il 38,1% degli intervistati ad aver ricevuto assistenza tutti i giorni da familiari conviventi, quota che aumenta tra chi ha livelli di disabilità più elevati (62,8%). Solo il 15,3% si avvale dell’aiuto di personale pubblico, solo il 3,3% tutti i giorni. Drammatico l’impatto che la malattia ha sulla sfera lavorativa: per il 49,8% la malattia ne ha causato un cambiamento in negativo. Forti anche le ripercussioni sulla vita sociale: stop a tutte le attività del tempo libero (48,3%) e isolamento sociale (32,6%). Da qui la richiesta di maggiori servizi sociali: per il 77,5% dei pazienti l’assistenza domiciliare è uno dei servizi più utili. Grande la richiesta di aiuto economico e sgravi fiscali (tra i più utili secondo il 52,6% e da potenziare secondo il 47,7%).
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