martedì 6 novembre 2012
​I direttori riuniti dalla Fnsi dicono «no» al ddl al Senato. Servono nuove regole, non «vendette». Ma anche il ritorno a vere inchieste con verifica delle fonti
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Una legge «che intimidisce i giornalisti», «una vendetta», «un pasticcio». Sono compatti nel bocciare il ddl sulla diffamazione, in discussione al Senato, i direttori che hanno accolto l’invito della Federazione Nazionale della Stampa a Roma (in collegamento con Milano), in occasione della giornata internazionale "Stand up for journalism". Parole dure ma anche di riflessione sulla nostra professione. Così per il direttore del TG1, Albero Maccari, «bisogna tornare alle vecchie regole del mestiere verificando le fonti e le notizie. Solo così potrà aumentare la credibilità del nostro lavoro. E non dovremo avere nessuna paura». «Ma – riflette il direttore dell’agenzia Asca, Gianfranco Astori – serve un esercizio critico sui modi per riparare agli errori». «È fondamentale – insiste sullo stesso tema il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio – una simmetria tra libertà e responsabilità. Per questo – aggiunge– dobbiamo avere la capacità di autoregolarci. Né carcere né pene pecuniarie esorbitanti, ma risarcimenti con la stessa moneta, restituendo quello che è stato tolto per sanare le ferite». Ricorda in questo senso la vicenda del direttore Dino Boffo, i titoloni su Il Giornale con le accuse e la diversità di trattamento per le rettifiche. Dunque, avverte, «o l’informazione è in grado di autoregolarsi oppure non ne usciamo. Ma dobbiamo tornare a pubblicare inchieste dei giornalisti e non paginate di intercettazioni. Per non essere eco di altri interessi».Insomma, taglia corto Roberto Napoletano, direttore del Sole 24 ore, «nostro primo dovere è scavare, scavare e scavare. E verificare, perché in ballo è la dignità delle persone. Su questo dobbiamo fare una riflessione, ma irremovibili contro il ddl». Perché, come assicura Franco Siddi, segretario della Fnsi, «non chiediamo la libertà di diffamare ma di operare con lealtà e garanzie. Siamo per un giornalismo etico ma che non può essere promosso a bastonate». Per questo il sindacato non esclude «di tornare in piazza». Perché, «il giornalismo è un bene comune e non riguarda solo noi», sottolinea il presidente dell’Fnsi Roberto Natale, protagonista nel corso dell’incontro di un duro botta a risposta col direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, che aveva attaccato i giudici che lo hanno condannato al carcere, parlando di «una guerra civile che negli ultimi anni ci ha divisi». «Le tue parole sulle magistratura sono lontanissime dal sentire di molti di noi» ha replicato Natale.
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