martedì 11 giugno 2024
Mai così pochi italiani alle urne in una consultazione di livello nazionale. E senza il traino delle amministrative sarebbero stati anche meno. Il Sud "periferia elettorale"
Seggi aperti a Milano

Seggi aperti a Milano - Fotogramma

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Segnatevi questo dato: 49,69%. È un numero destinato a entrare nella storia della Repubblica. Per la prima volta in una consultazione nazionale (referendum esclusi) l’affluenza dei cittadini italiani ai seggi è scesa sotto il 50%. Più della metà del Paese non si è recato alle urne, sabato e domenica, in Italia. Complessivamente, in vent’anni, abbiamo perso per strada 10 milioni di elettori. «Per ora è una democrazia dimezzata, ma in prospettiva la situazione può addirittura peggiorare: secondo alcune proiezioni, di questo passo, nelle prossime tornate rischiamo di avere una democrazia affidata soltanto a un terzo degli aventi diritto» fa notare il politologo Marco Valbruzzi.

La partita delle Europee è stata ancora una volta un confronto tra minoranze organizzate, quelle di partiti pronti a mobilitare le proprie forze sul territorio. «Siamo in presenza di un deterioramento della rappresentanza democratica e per fortuna che, in questa elezione, c’è stato il traino importante della componente locale, legata al rinnovo di Comuni e Regioni». Le amministrative, infatti, hanno registrato un’affluenza ben più alta, pari al 62,62%, secondo i dati del Viminale. Nei Comuni del Sud dove si votava anche per le Comunali, l’affluenza, addirittura, è stata più alta di circa 8,6 punti rispetto alle stesse Politiche del 2022.

Per il Cise, il Centro italiano studi elettorali, le circoscrizioni ad avere perso di più sono quelle in cui, in valore assoluto, si è votato di più: il Nord Ovest (-8,5%) e soprattutto il Nord Est (-10%). Calo meno marcato al Centro (-6,8%) e al Meridione (-4,6%) mentre le isole, dove l’affluenza ha toccato il punto più basso (37,7%) vanno paradossalmente in controtendenza, con mezzo punto in più di partecipazione. «In ogni caso, ci sono quindici punti di distanza tra le regioni settentrionali e il Mezzogiorno: è come se il Sud fosse già diventata una periferia elettorale, attuando di fatto una “secessione dei poveri” che non si sentono rappresentati da nessuno e non vanno ai seggi».

Quali sono stati i partiti più penalizzati dal non voto? Secondo i dati diffusi ieri da Swg, l’astensione avrebbe colpito in particolare il Movimento Cinque Stelle, Azione e Forza Italia: tra coloro che avevano votato M5s alle Politiche del 2022, il 35% non è andato alle urne, mentre i livelli di non partecipazione al voto tra Fratelli d’Italia (25%) e Pd (24%) sono molto simili.

È il modello di una “democrazia trasfigurata”, quello cui stiamo assistendo ormai da un decennio, in cui il primo partito, quello degli astensionisti, nell’ultima tornata ha raggiunto numeri da maggioranza assoluta. Gli effetti sulla vita democratica si possono immaginare facilmente. «A livello europeo, ci si aspettava un rimbalzo di partecipazione, veicolato in particolare dalla mobilitazione dei Paesi dell’Est e della Germania, gli Stati più in pericolo per la guerra ai confini dell’Europa. Tutto questo non c’è stato».

Neppure la possibilità di indicare una preferenza, puntando sulla persona e non solo sul partito, è riuscita ad accendere un interesse, che pare invece relegato soltanto a fasce di elettorato già politicizzato. Un discorso, questo, che secondo gli analisti vale anche per l’esperimento del voto concesso ai fuori sede, in prospettiva un fattore nuovo, non ancora una calamita d’attrazione per i più giovani. Più in generale, come ha fatto notare l’Istituto Cattaneo nella sua analisi dei flussi elettorali, «si è ridotta la frammentazione, sia nel senso che si è ridotto il numero e il rilievo delle liste minori (disincentivate dalla soglia di sbarramento), sia nel senso che i due maggiori partiti sono entrambi cresciuti». Il ritorno di un possibile bipolarismo potrà essere foriero in futuro di un ritorno degli italiani alle urne? Senza dubbio, la personalizzazione del confronto tra i leader in passato ha giovato in termini di affluenza ai seggi, ma al momento gli scenari restano troppo incerti per poter fare proiezioni.

«Di certo, al risveglio della politicizzazione non ha corrisposto un risveglio della partecipazione, anche se il tema della pace ha saputo essere certamente più affascinante, soprattutto per le nuove generazioni, rispetto a quello della sicurezza e della difesa europea» dice Valbruzzi. Sullo sfondo, resta il dato dell’affluenza nel Vecchio continente, ancora non ufficiale ma atteso come più alto in media rispetto all’Italia: nei Ventisette, il vero dato di disaffezione riguarda in particolare l’Europa mediterranea. Il dato peggiore ha riguardato la Grecia, dove l’affluenza è stata soltanto del 41,39%.

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