giovedì 28 ottobre 2021
Il nuovo presidente del Tribunale ha ricostituito l'organismo previsto da due articoli (inapplicati) di una legge del 1975. Per sostenere chi sbaglia e i suoi familiari
Per reinserire i detenuti rinasce il Consiglio di aiuto sociale

Ansa

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Da 46 anni esiste una norma per favorire il reinserimento dei detenuti e per sostenere le vittime di gravi reati. Prevede un apposito organismo, il Consiglio di aiuto sociale, istituito in ogni Tribunale, e costituito da rappresentanti di istituzioni, Chiesa e volontariato. Sono gli articoli 74-77 della legge 254, l’Ordinamento penitenziario del lontanissimo 26 luglio 1975. Ma dopo i primi anni di applicazione particolarmente intensa, è stata completamente abbandonata. Lo ha scoperto il nuovo presidente del Tribunale di Palermo. Antonio Balsamo. «Anche io non sapevo della sua esistenza. Fino a quando questa estate, dopo la nomina, mi è arrivata una comunicazione bancaria che faceva riferimento al Consiglio. Esisteva solo sulla carta. Non si riuniva da almeno venti anni. Poteva avere il ruolo di costruire una rete tra istituzioni, società civile e mondo religioso. Questo auspicio però non è stato quasi mai tradotto in realtà. C’è un vuoto da colmare. Un vuoto di solidarietà», dice ancora il presidente. Che in poche settimane ha ricostituito l’organismo, caso unico in Italia. Eppure, insiste il magistrato, «risponde a bisogni concreti. Per sostenere chi ha sbagliato e concretizzando il concetto di sicurezza che non vuol dire costruire più carceri o riempirle di detenuti. Lo sperimentiamo ogni giorno. La sicurezza non può essere mai assicurata tenendo in carcere delle persone per un periodo più o meno lungo, e poi lasciandole in mezzo alla strada senza pensare a delle alternative rispetto alle forme di occupazione illecita che a Palermo sono facilissime da trovare».

Detto e fatto, il presidente è riuscito a insediare il Consiglio il 4 ottobre. «Il giorno di San Francesco e per me ha un forte significato». Ne fanno parte magistrati, direttori delle carceri, il sindaco Orlando, rappresentanti di Regione, Provincia e Prefettura, il dirigente dell’ufficio provinciale del lavoro, un delegato dell’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, e rappresentanti di associazioni impegnate nel carcere e nel sociale. Tra loro Tina Montinaro, moglie del capo scorta di Giovanni Falcone, morto a Capaci, e presidente dell’associazione 'Quarto Savona Quindici'. «Competenze che noi non abbiamo, una finestra sulla realtà. Abbiamo bisogno di gente che ha voglia di fare».

Il Consiglio non utilizza finanziamenti per creare posti di lavoro, ma svolge opera diretta ad assicurare un’occupazione ai liberati, e organizza corsi di formazione. Cura poi il mantenimento delle relazioni dei detenuti con le loro famiglie. «Una cosa molto bella perché il bisogno affettivo c’è in tante persone», sottolinea Balsamo. Inoltre segnala i bisogni delle famiglie dei detenuti. «Per costruire una rete alternativa alle forme di welfare mafioso che sono pericolosissime. Ne abbiamo avuto testimonianze inquietanti durante la pandemia». C’è infine l’assistenza alle vittime dei delitti. In particolare ai minorenni orfani a causa di un delitto. «È pensare a come queste persone possono costruire il loro futuro».

Tutto questo, riflette il presidente, «farà bene anche ai magistrati perché li porterà a farsi carico non semplicemente di un’ottica sanzionatoria, ma a costruire attraverso la giustizia penale una società più aperta, più inclusiva, in cui la pena come istituto rieducativo può essere presa sul serio». Inoltre le due funzioni, di assistenza ai detenuti e alle vittime «potrebbero incontrarsi. Una delle forme di forte riscatto sociale per i liberandi potrebbero essere attività in favore della comunità nella quale ci sono tante persone che vedono cambiati i propri destini personali e familiari a causa dei sistemi criminali. Sarebbe bello. Ci sono persone che hanno sofferto tantissimo a causa di alcuni reati più gravi commessi a Palermo che però credono tantissimo nel recupero dei detenuti. Penso alla signora Montinaro. Questo orientamento in favore della giustizia riparativa è molto importante perché restituisce dignità a tutti i soggetti del processo, agli imputati e alle vittime, trasformando il processo in un fattore di promozione umana, cambiando il clima al suo interno, che negli ultimi anni è stato un po’ improprio, da parte di tutti. Dobbiamo lanciare il messaggio del diritto alla speranza come possibilità per tutte le persone, anche gli autori dei fatti più terribili, di un autentico riscatto».

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