Il premier Giuseppe Conte alle prese con i numeri al Senato - Ansa
I numeri, al momento non ci sono, e trovarli nei pochi giorni che mancano è impresa oltremodo complicata. Che farà il Quirinale se la relazione del ministro Alfonso Bonafede sullo stato della giustizia non dovesse passare? Sicuramente al premier toccherebbe salire al Colle a riferire, e forse a dimettersi. L’opzione di farlo prima del voto in Senato, per favorire la nascita di un processo nuovo (soluzione per la quale spinge anche Bruno Tabacci, al lavoro per dar vita a i nuovi gruppi a sostegno) e provare a incassare un "ter" si espone però a tutti i rischi che GIuseppe Conte avrebbe voluto evitare e cerca ancora di evitare: senza aver stretto prima un patto politico per una nuova maggioranza, il passaggio sarebbe assai pericoloso.
La scappatoia, per niente rassicurante e ad alto rischio a sua volta, potrebbe venire da qualche benevola astensione dal voto, che però risulta difficile mettere in conto (visto il tema) da parte di Italia Viva e men che meno da Forza Italia.
Si rischia di non avere i voti neanche per far slittare da mercoledì a giovedì il voto sulla giustizia, registra il Pd, a conferma dei timori crescenti tra i parlamentari di maggioranza. Non si può rischiare - inizia a trapelare dalle fila Dem e pentastellate - di precipitare verso le elezioni mantenendo il veto sule recupero di Matteo Renzi nelle cui fila non più di quattro sarebbero, al momento, si stima, i senatori "recuperabili".
La scommessa del leader di Iv è che proprio per evitare il voto, inizi presto a vacillare la linea del Nazareno e dei vertici M5s secondo cui non c’è alternativa a Conte.
Renzi ha deciso in questa fase di tacere e Iv ufficialmente non ha ancora scelto una linea: se arriveranno segnali positivi dal governo, c’è chi - dopo le iniziali chiusure - non esclude di astenersi anche stavolta, come alla fiducia. Ma l’orientamento di Renzi sarebbe ancora per il "no" alla relazione di Bonafede, perché è un voto «sul ministro non sul governo».
A rendere la partita veramente difficile c’è la consapevolezza che anche i più dialoganti del centrodestra, da Cambiamo a Udc, non potrebbero mai convergere su questo punto. Sandra Lonardo non voterà, in dubbio anche l’ex M5s Lello Ciampolillo.
Fra le altre vie d’uscita di cui si parla, dal M5s negano che, come ipotizza qualcuno anche tra i Dem, Bonafede possa dimettersi prima della relazione, per facilitare la solazione. Gli uffici del ministro starebbero lavorando a una relazione che non tocca temi divisivi come la prescrizione (su cui Renzi è duramente contrario), ma pone al centro i fondi del Recovery fund e anche le riforme che l’Europa ci chiede, a partire da quelle già incardinate in Parlamento.
Nella bozza del Recovery, dicono fonti vicine al ministro, i fondi per la giustizia sono saliti a 750 milioni a 2,750 miliardi: ben 2,3 miliardi dovrebbero andare ad assunzioni. Votare contro la relazione sarebbe - è il ragionamento - votare contro il Recovery plan.
Basterà sostenere questa tesi? Probabilmente no. Diverso sarebbe se si riuscisse nel frattempo a dar vita a un gruppo strutturato. Ma anche su questo ci sono pochi spiragli. La strada di mettere in campo anche al Senato il simbolo più "attrattivo", il Centro democratico di Bruno Tabacci, trova complicazioni al momento, in assenza di precedenti cui aggrapparsi, difficilmente superabili nel regolamento del Senato, non essendoci, a differenza della Camera, parlamentari eletti con quel simbolo.