lunedì 10 giugno 2024
Secondo un'analisi che ha riguardato 857 pazienti ospitati in 19 strutture in Italia, nel 90% dei casi il caregiver principale dei piccoli resta la madre
Il presidente di Peter Pan Roberto Mainiero

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Costretti a fare lunghi viaggi lontani da casa per ricevere i trattamenti necessari. Una realtà purtroppo comune a molti bambini: l’accesso alle cure palliative pediatriche è infatti garantito solo al 15% dei 30mila minori che in Italia ne avrebbero bisogno. Ben sette regioni non hanno centri o strutture dedicate a questo servizio specialistico. È l’allarme lanciato da Peter Pan Odv, l’organizzazione di volontariato che accoglie, insieme alle loro famiglie, i bambini malati di cancro che si recano a Roma per ricevere le cure necessarie.

La disuguaglianza regionale nell’accesso alle cure palliative pediatriche è solo uno degli elementi che impedisce di accedere alla maggioranza dei bambini che ne avrebbero diritto. «Spesso l’inserimento in un percorso di CPP specialistiche – spiega Alessandra Pieroni, del Centro di cure palliative pediatriche dell’Irccs Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – si ha tardivamente, a causa di una percezione di fallimento professionale da parte del personale curante. Inoltre, molte famiglie faticano ad accettare l'idea di passare da una terapia curativa a una terapia di supporto, soprattutto quando viene percepita come un "abbandono"».

Proprio per questo, all’interno del percorso di cure palliative pediatriche, è sempre più importante che venga considerato non solo l'aspetto medico, ma anche il benessere emotivo, sociale e psicologico dei bambini e delle loro famiglie. E in questo senso è fondamentale riconoscere il valore della figura del caregiver, attivamente coinvolta nel fornire le cure e nel garantire il benessere emotivo dei piccoli pazienti. Secondo lo studio Palliped, nel 90% dei casi analizzati, il caregiver principale dei piccoli che necessitano cure palliative è la madre. Sono quasi sempre le donne, infatti, ad abbandonare il lavoro per assistere il minore malato.

Secondo le stime 2023 dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, a livello europeo circa un quinto della popolazione svolge attività di Long-Term Care informale. Di questi, il 42% delle donne e il 38% degli uomini sono impegnati quotidianamente nelle attività di cura. In Italia, il 25% delle donne (contro il 22% degli uomini) svolge attività di Long-Term Care informale e di queste il 44% lo fa quotidianamente (contro il 35% degli uomini). È evidente come la disparità di genere sia sempre presente quando si parla di caregiving. Ma i dati relativi alle cure pediatriche palliative fanno emergere una situazione ancora più allarmante.

«Il caregiver e la famiglia tutta sono sottoposti a un pesante carico emotivo,spiega Renato Fanelli, oncologo, membro del Comitato Etico di Peter Pan e del Coordinamento Regionale per le Cure Palliative Adulti e Pediatriche è quindi assolutamente necessario che l'equipe curante si prenda cura della famiglia, specialmente se sono presenti bambini o minori». Sintomo della complessità di situazioni di questo tipo è l’insanabile rottura di molte relazioni. Secondo i dati di Palliped, il 77,4% dei genitori si è separata dopo la diagnosi.

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