Il mistero si infittisce. Le accuse si moltiplicano. E il caso di Stefano Cucchi torna drammaticamente alla ribalta della cronaca, aprendo nuovi e inquietanti scenari. Ieri a Roma era fissata la prima udienza del processo in Corte d’assise d’appello sul caso del giovane morto all’ospedale Sandro Pertini di Roma una settimana dopo il suo arresto per droga, nel 2009. E il clima si è subito arroventato quando, durante la sua requisitoria, il procuratore generale Mario Remus ha fornito una versione del tutto inedita dei fatti, sostenendo cioè che Stefano sia stato picchiato dopo l’udienza di convalida del suo arresto, e non prima come sostenuto in primo grado. Il rappresentante dell’accusa ha spiegato: «C’è la prova che Stefano non avesse segni di aggressione violenta prima di arrivare in udienza. Tant’è che ha battibeccato, si è alzato più volte, ha scalciato un banco; certo non avrebbe potuto farlo se fosse stato fratturato». Per il procuratore generale dunque «il pestaggio è avvenuto subito prima del suo ingresso in carcere », è stata «un’aggressione volontaria e intenzionale», dunque c’è anche una certezza: «È stato aggredito dagli agenti della Polizia penitenziaria che lo avevano in custodia». Di qui la richiesta di condanna di tutti gli imputati del processo: non solo per i medici (riconosciuti responsabili di omicidio colposo già in primo grado), ma anche per i tre agenti di polizia penitenziaria che hanno avuto in affidamento il giovane geometra la mattina del 16 ottobre 2009 (e che erano stati assolti) e, di più, anche per gli infermieri: «La trascuratezza con cui venne curato appare ingiustificabile – ha proseguito il pg –. Cucchi era entrato in stato di detenzione in condizioni cliniche già precarie, emaciato: era un paziente fisicamente difficile che richiedeva cure particolari e non ordinarie». In aula, i genitori di Stefano, con la sorella Ilaria in prima fila: «Ci aspettiamo che venga riconosciuta e accertata la verità – ha commentato quest’ultima – Oggi è stato descritto un vero e proprio pestaggio di Stato ed una negazione dei diritti umani ai danni di Stefano». E soddisfazione a fine udienza per le richieste della pubblica accusa è stata espressa dal legale della famiglia, Fabio Anselmo: «Ritengo che siano aperte le porte per il riconoscimento della nostra tesi dell’omicidio preterintenzionale». Contrariato invece l’avvocato Diego Perugini, legale di uno degli agenti imputati: «Il Procuratore generale non ha fatto altro che aggiungere al dubbio altri dubbi». Mentre uno degli infermieri coinvolti, Giuseppe Flauto, ha voluto rendere dichiarazioni spontanee: «Io ho sempre fatto il mio dovere, ho sempre cercato di aiutare Stefano, ma lui non l’ha voluto».