Una manifestazione di madri di desaparecidos in Plaza de Mayo a Buenos Aires - Foto di archivio
Alla base della decisione i gravi rischi per la salute «che potrebbero scaturire dalla procedura di estradizione». Questa la ragione che motiva il no con cui il 10 gennaio scorso un provvedimento del ministro della giustizia Carlo Nordio ha respinto la richiesta di trasferimento in Argentina di don Fabio Reverberi. Il sacerdote, classe 1937, è accusato di crimini contro l'umanità compiuti durante la dittatura militare argentina del 1976-1983. Nell’ottobre scorso la Corte di Cassazione aveva invece dato il via libera all’estradizione, confermando un analogo provvedimento della Corte d’appello d Bologna che recepiva le argomentazioni dell'avvocato Arturo Salerni, legale dell'ambasciata argentina in Italia, respingendo invece il ricorso della difesa di Reverberi, che motivava il no con le condizioni di salute del sacerdote, malato di cuore. Una patologia in virtù della quale il ministro Nordio, spiega la sua contrarietà al trasferimento. Nel provvedimento, infatti il capo del dicastero di via Arenula evidenzia che «la perizia medico-legale disposta dalla Corte di appello di Bologna ha concluso “che le attuali condizioni di salute di Reverberi sono compatibili con il trasferimento in Argentina”, limitando l'accertamento alle condizioni di salute compatibili con la possibilità di effettuare un viaggio aereo intercontinentale, omettendo tuttavia di valutare l'esistenza di gravi rischi che potrebbero scaturire dalla procedura di estradizione globalmente intesa». Per il ministro «in ogni caso il trasferimento aereo dovrebbe essere eseguito soltanto se assistito da una serie di cautele ben difficilmente attuabili in maniera congiunta nella pratica e in ogni caso inidonee ad assicurare il suo stato di salute». E ancora: «la complessiva procedura potrebbe avere sul soggetto, anche successivamente all'avvenuto trasferimento e all'avvio della condizione detentiva alla quale verrà sottoposto, conseguenze esiziali». Secondo Nordio «dall'impatto medico legale della procedura di estradizione sulle già precarie condizioni di salute, anche in ragione dell'età estremamente avanzata e della conseguente probabile prospettiva di non fare più ritorno in territorio italiano, deriverebbe un rilevante stress psicologico tale da integrare un ulteriore fattore di rischio con riferimento alle verificate patologie cardiologiche da cui è affetto».
Il generale dittatore Jorge Rafael Videla - Foto di archivio
Originario di Enzano, nel Parmense, Reverberi si trasferì a undici anni con la sua famiglia in Sudamerica, svolgendo per oltre quarant’anni il servizio di parroco a Salto de Las Rosas, nella provincia argentina di Mendoza. Come cappellano ausiliare dell'VIII Squadra di esplorazione alpina di San Rafael è accusato di aver assistito a numerose torture alle quali erano sottoposti i prigionieri del regime di Videla prima di essere uccisi e fatti scomparire, nonché all'omicidio nel 1976 del 20enne peronista Josè Guillermo Beron. Il religioso lasciò l'Argentina nel 2011, quando a Mendoza si stava svolgendo il primo processo per crimini contro l'umanità con le testimonianze dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime che lo accusavano. Attualmente in Italia Reverberi, come misura cautelare, deve rispettare il divieto di allontanamento dal comune di Sorbolo dove risiede. Per il prossimo 19 gennaio è stata fissata un'udienza per l'esecuzione del provvedimento del ministro.