Omicron contagerà tutti - Reuters
Gli alti tassi di vaccinazione della popolazione adulta nei Paesi industrializzati hanno dato origine alla speranza che un ritorno alla vita prepandemica possa essere in arrivo. In realtà, la vaccinazione potrebbe non bastare a fermare il coronavirus e pur tuttavia il vaccino potrebbe rivelarsi utile. Le parole di Anthony Fauci in Italia hanno chiarito quale potrebbe essere la prospettiva dei prossimi mesi, se non anni.
Il più famoso virologo del mondo ha spiegato che Omicron contagerà tutti, a causa del «suo straordinario e senza precedenti grado di efficienza di trasmissibilità» e ha previsto che «alla fine contagerà quasi tutti». Tuttavia, il consigliere di Joe Biden per il Covid ha ripetuto durante un’audizione in Senato quella che è anche la versione del ministro Speranza e degli scienziati italiani, cioè che quanti sono stati vaccinati potranno essere comunque infettati «ma molto probabilmente, con alcune eccezioni, se la caveranno ragionevolmente, nel senso che non avranno bisogno di ricovero ed eviteranno la morte».
Perché il virus è «astuto»
Queste affermazioni, che trovano riscontro nelle prime ricerche sugli effetti dei vaccini in circolazione, si inquadrano nelle previsioni che gli scienziati sono ormai in grado di fare sui possibili scenari della pandemia, descritti da uno studio del luglio scorso, uscito su Jama e firmato da Aaron Kofman, Rami Kantor e Eli Adashi, delle Università di Atlanta e Providence. Mostra che gli scenari possibili sull’evoluzione del Covid-19 sono quattro: eradicazione, eliminazione, coabitazione o conflagrazione. Tra essi, il più probabile è il terzo, la coabitazione, che è esattamente quello pronosticato anche in Italia da chi sostiene (dalla primavera del 2020) che il virus si sta adattando all’organismo dell’uomo, limitando il danno sull’ospite, ma aumentando la propria contagiosità.
Il fatto che il virus abbia questo comportamento «astuto», come lo ha definito Fauci, non dipende dal fatto che i vaccini non assicurano una copertura assoluta, ma dall’accesso differenziato alla vaccinazione e, appunto, dalla diffusione delle varianti, a seguito delle mutazioni che effettua ogni virus in natura. «Poiché la volatilità è stata finora l’attributo invariante della Sars-CoV-2, prevedere un futuro stato stazionario può essere intrinsecamente problematico» ammettono i ricercatori americani, secondo i quali per eradicare questo coronavirus «si dovrebbe raggiungere una sufficiente immunità di gregge attraverso la vaccinazione e l’infezione preventiva».
La vaccinazione è decisiva
Parole scritte prima della marcia trionfale di Omicron, certamente, ma che, allo stato attuale, trovano ancora conferma nei dati. Se questa variante non avrà la diffusione che in questo momento si teme – ma che epidemiologicamente si potrebbe addirittura "sperare", perché potrebbe dare un contributo importante, seppur ad alto prezzo, alla trasformazione del coronavirus in una malattia endemica come l’influenza stagionale – gli scenari globali restano altri. L’eliminazione temporanea si potrebbe realizzare localmente, grazie ad alti tassi di vaccinazione e misure di prevenzione draconiane, come in Israele e Nuova Zelanda. Ma per eliminare il virus nel mondo servirebbe una vaccinazione continua e un monitoraggio strettissimo delle specie animali con cui viene a contatto l’uomo, essendoci il rischio di un salto di specie con i pipistrelli, i visoni e i topi, che propiziarebbe la nascita e la diffusione di nuove varianti capaci di vanificare gli sforzi fatti. «In assenza di futuri sforzi indefiniti di vaccinazione contro la Sars-CoV-2, un’eliminazione duratura, per non parlare dell’eradicazione, potrebbe rivelarsi impossibile» tagliano corto gli scienziati.
Tra sacche e focolai
In alternativa, «si potrebbe ottenere una coabitazione più civile con la Sars-CoV-2» e in questo scenario, si leggeva su "Jama" già sei mesi fa, «la protezione mediata dal vaccino arriverebbe al punto di prevenire le manifestazioni più gravi della Covid-19, interrompere la catena di trasmissione virale e contrastare la maggior parte delle varianti virali emergenti». Una prospettiva che non veniva messa in discussione neanche dalle già evidenti prove di elusione del vaccino da parte di alcune varianti, considerate in un certo senso fisiologiche e che quindi non debbono farci pensare che rinunciare alla vaccinazione possa riservarci un qualche vantaggio. Lo scenario della coabitazione presuppone che nel mondo si formino zone prive di virus (sacche) e focolai virali a livelli bassi. «Ci si aspetta che queste nuove infezioni si verifichino prevalentemente tra i non vaccinati» scrivevano gli scienziati nel 2021 e sono considerazioni ancora valide e valide anche in Italia, come dimostrano i dati che provengono in queste ore dalle terapie intensive. Questo scenario, che potrebbe interessarci da vicino prevede dunque che «nonostante nuove occasionali infezioni, un’endemicità più tollerabile possa sostituire la volatilità della fase pandemica» a patto che si facciano i richiami vaccinali e si seguano, ove e quando necessario, misure preventive come l’uso delle mascherine. Affermazione finale dei ricercatori statunitensi: «A lungo termine, man mano che l’immunità globale dovuta all’esposizione o alla vaccinazione diventa comune, i sintomi della malattia possono diventare simili a quelli del comune raffreddore».
Virus endemico di livello moderato
L’ultimo scenario, in qualche modo simile al terzo dal punto di vista fenomenologico, ma diverso sul piano epidemiologico, è la "conflagrazione". Con questo termine, gli scienziati individuano «uno stato stazionario caratterizzato da un’endemicità di livello moderato della Sars-CoV-2». Ampi segmenti della popolazione sarebbero sottovaccinati e la circolazione del virus sarebbe destinata a rimanere robusta. «Questo darebbe al virus continue opportunità di replicarsi e adattarsi in modo da eludere le risposte immunitarie mediate dall’ospite e dai vaccini. Tra le popolazioni vaccinate, le infezioni potrebbero ancora sorgere periodicamente, a causa di un’immunità vaccinale non completa, del declino dell’efficacia del vaccino, di nuove varianti virali che riescono a eluderlo o della trasmissione da chi non è vaccinato». Il grado di conflagrazione, concludono, «potrebbe dipendere sostanzialmente dall’efficacia e dall’accettazione dei vaccini».