Sull’altalena del Covid, che ormai da un mese è tornata a impennarsi verso il cielo con quasi 50 mila nuovi contagi al giorno (e sono solo quelli ufficializzati dai pochi tamponi quotidiani), succede quello a cui la pandemia ci ha ormai abituati: salgono in fretta anche i ricoveri. Altri 225 solo nella giornata di ieri, per un totale di quasi 6.500 posti letto occupati da pazienti positivi nei reparti ordinari, e 4 nelle terapie intensive, per un totale di 225. Numeri non allarmanti per la tenuta del sistema ospedaliero, beninteso, eppure gli occhi degli esperti ora sono puntati più che mai su questa curva perché l’inverno è alle porte e l’influenza è pronta a scaricare tutto il suo carico di problemi sulla stessa popolazione che rischia per il Covid: fragili, immunodepressi, anziani.
Che il punto non sia tanto il virus, quanto il combinato disposto delle due epidemie, è il focus su cui si concentrerà già oggi la riunione trimestrale del Comitato di emergenza dell’Oms, che ieri è tornata a far suonare i suoi campanelli d’allarme sulla situazione internazionale: «Chiaramente oggi ci troviamo in una situazione molto diversa da quella del passato - ha spiegato il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus -. Abbiamo tutti gli strumenti necessari per porre fine all’emergenza in ogni Paese. Ma la pandemia di Covid-19 non è finita e c’è ancora molto lavoro da fare». Grandi lacune sul fronte vaccinazione, sorveglianza ridotta, bassi tassi di test e sequenziamento, incertezze sul potenziale impatto delle varianti attuali e future: la lista delle inottemperanze dei Paesi è lunga e l’Italia non ne è affatto dispensata. Con l’aggiunta, appunto, dello spettro influenza, uno tsunami che potrebbe rompere gli argini dei sistemi sanitari sovraccaricando gli ospedali già prima di Natale e alimentando nuove ondate di contagi da Covid proprio a partire dalle corsie. Che già oggi, per altro, non si stanno riempiendo di pazienti con problemi legati al virus: se infatti nell’ultima settimana abbiamo assistito a un’impennata del 37% dei ricoveri, come ha rilevato il tradizionale report della Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), l’incremento è tuttavia quasi completamente relativo ai cosiddetti pazienti “con Covid”, ovvero arrivati in ospedale per la cura di altre patologie e trovati incidentalmente positivi al virus attraverso il tampone prericovero. Per dirla con le parole del presidente Fiaso, Giovanni Migliore: «Ci troviamo di fronte a una endemizzazione del Covid: il virus circola molto, ma incontra le difese immunitarie della stragrande maggioranza della popolazione che ha ricevuto la vaccinazione e i richiami o ha già contratto l’infezione».
Il nodo resta allora la fetta di pazienti che invece a causa del Covid e dell’insufficienza respiratoria finisce in reparto, nella quasi totalità dei casi non vaccinati e con patologie pregresse: posti letto che potrebbero essere “risparmiati” in vista dell’arrivo dell’epidemia influenzale e che invece continuano a intasare gli ospedali. Di qui l’ennesimo, perentorio appello alla vaccinazione: contro l’influenza e contro il Covid insieme, che è la modalità già accessibile in ogni parte d’Italia, dalle farmacie agli ambulatori dei medici di famiglia fino ai (pochi) hub rimasti ancora operativi da Nord a Sud. «E soprattutto tra anziani e fragili - continua Migliore -, che restano quelli più esposti a complicazioni sia su un fronte che sull’altro».
Chi invece sembra avere già “ammortizzato” gli effetti dell’ondata in corso di Covid sono i più piccoli: a fronte dell’aumento dei ricoveri di cui si diceva poco fa, negli ultimi 7 giorni risulta di segno opposto la curva dei pazienti under 18, in calo del 38%. Una buona notizia: il Covid, che pure circola moltissimo tra bambini e adolescenti, in questa fascia d’età fa meno male, come meno male fa tradizionalmente l’influenza. Gli occhi, ora più di prima, vanno puntati altrove.