venerdì 13 maggio 2016
Profughi del Papa, una coppia di siriani racconta la sua Odissea
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​​“Siamo fuggiti illegalmente dalla Siria con i trafficanti di essere umani attraverso le regioni controllate dal Daesh”. Così Hasan Zaheda e Nour Essa, una delle coppie siriane che Papa Francesco ha portato con sé in Italia di ritorno da Lesbo e accolta dalla Comunità di Sant’Egidio, ospite del "Diario di Papa Francesco" su Tv2000, ha raccontato la fuga dalla Siria. Hasan e Nour entrambi 31enni sono ingegneri e insieme al figlio di due anni, Riad, vivevano in una zona periferica di Damasco, Al Zapatani, al centro di continui bombardamenti. “La fuga – ha raccontato la coppia siriana - è stata molto complicata: prima ci siamo nascosti in un’ambulanza, che ci ha portati fuori Damasco, perché mio marito era ricercato in tutti i posti di polizia. Poi siamo arrivati in un villaggio vicino a Damasco e abbiamo camminato per 4 ore nella notte per arrivare in un altro villaggio.
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La mattina ci hanno accolto delle persone che ci hanno portato in un paese controllato dall’Isis. Alla fine siamo arrivati in Turchia. Abbiamo avuto molta paura e il viaggio è stato veramente pericoloso. In Turchia siamo stati ‘accolti’ dalla mafia turca che ci ha obbligati a pagare 50 dollari ciascuno. Così abbiamo deciso di andare via dalla Turchia e siamo arrivati in Grecia a Lesbo dove siamo riusciti a ricevere anche dei documenti legali. Successivamente la situazione è peggiorata. Eravamo circa 1000 persone nello stesso campo. Spesso mancava l’acqua per bere e lavarsi”. “La notizia dell’arrivo del Papa a Lesbo – hanno proseguito i coniugi - ci ha rallegrati e speravamo che Francesco potesse cambiare la situazione e l’opinione dell’Unione europea sull’apertura delle frontiere. Avevamo tanta speranza”. “Abbiamo saputo che saremmo andati in Italia con il Papa la sera prima – ha concluso la coppia siriana - Non abbiamo assolutamente dormito dopo quella notizia. Credo che il Papa ci abbia scelti perché eravamo semplicemente degli esseri umani al di là della nostra fede islamica. Oggi siamo sereni perché siamo in Italia, in un luogo di pace. Vogliamo imparare la lingua italiana e stiamo frequentando i corsi per stranieri nella comunità di Sant’Egidio. Anche nostro figlio ha cominciato ad andare alla scuola pre-materna. Speriamo successivamente di trovare un’occupazione e poter fare lo stesso lavoro che avevamo in Siria”.
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