Se mai v’è stato, l’idillio tra governo Renzi e la Cgil è durato solo un pomeriggio, quello dell’annuncio degli sgravi Irpef per i lavoratori dipendenti. Da ieri si è tornati allo scontro. La confederazione di Corso d’Italia, infatti, lancia un’accusa pesante: le ultime decisioni sui contratti a termine fanno aumentare la precarietà. E perciò «quel decreto va abolito». La scelta di modificare – appunto con un decreto legge – le norme sui contatti a termine di fatto liberalizzandoli al massimo, fa discutere. E divide lo stesso sindacato. Per la Cisl, infatti, tuttosommato si tratta di una decisione positiva che porterà maggiore flessibilità e dunque più occasioni d’impiego. «I contratti a termine, anche dopo le modifiche annunciate dal governo Renzi, offrono molte più garanzie di altre forme contrattuali assai più precarizzanti – spiega infatti il segretario generale Raffaele Bonanni –. I nodi sono altri. Il problema è quello di rendere impraticabile il ricorso alle false partite Iva, ai contratti a progetto, alle associazioni in partecipazione, che in realtà nascondono lavoro dipendente mascherato e che non offrono alcuna tutela ai lavoratori. Su questo il governo dovrebbe impegnarsi maggiormente e intervenire in maniera secca con un provvedimento sanzionatorio». Perplessità sulle nuove regole per i contratti a termine, però, le avanzano anche osservatori tecnici, come per alcuni versi il giuslavorista Michele Tiraboschi e per altri l’economista Tito Boeri, che però sottolineano entrambi i rischi di abusi da parte delle aziende, a danno in particolare dei giovani, 'condannati' a passare da un contratto breve o brevissimo all’altro. L’esatto contrario di ciò che il governo si prefiggeva di fare con il contratto di inserimento, agendo piuttosto sull’articolo 18. Ma lo scontro che si preannuncia al calor bianco è appunto con la Cgil. La leader Susanna Camusso lo dice esplicitamente: «Siamo disposti a discutere di un contratto unico. Prima però bisogna abolire il decreto» sui contratti a termine senza causale per tre anni. «Si è fatto esattamente l’opposto di quello che lo stesso premier dichiarava – ha poi spiegato alla trasmissione Matrix –. Si è creata un’altra forma di precarietà» anziché cancellare quelle già esistenti. «Una forma per cui puoi una persona può essere assunta e licenziata per tre anni senza alcuna ragione e senza alcuna causa. Siamo preoccupati e contrari. Siamo all’opposto di quell’idea di riduzione della precaria e dell’incertezza dei lavoratori che sarebbe necessaria». Già in mattinata, dalla confederazione era partita una serie di messaggi negativi sulla riforma del lavoro, una volta tanto condivisi pure dal leader Fiom Maurizio Landini. Ma quel che più ha colpito è stato un affondo personale rivolto da Susanna Camusso direttamente al neo-ministro Giuliano Poletti, intervistato ieri proprio da Avvenire. Un attacco che sa di sfiducia: «Poletti ha subito una metamorfosi troppo rapida rispetto a quando era a capo della Lega delle cooperative e sosteneva ben altro», ha detto il segretario generale Cgil. «Fatico a riconoscere la dimensione di chi diceva che bisognava investire sul lavoratore per formarlo: perché, quindi, cacciarlo via con l’idea che l’unico strumento che si utilizza è quello del contratto a termine?», ha concluso la Camusso. Per ora il ministro del Lavoro Poletti non ha replicato (se non con la nota che riportiamo qui sotto), mentre si è sentito telefonicamente con il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, sul testo del decreto. C’è da credere che lo scontro non finisca qui.