giovedì 29 marzo 2012
​Un "fallimento collettivo" di Italia, Malta, Onu e Nato che ha portato alla morte di 63 migranti, alla deriva per due settimane e lasciati morire di fame e di sete. È la conclusione cui è giunto il Consiglio d'Europa sulla sorte del barcone di migranti africani, che alla fine del marzo scorso partì da Tripoli e cercò senza successo di raggiungere l'isola di Lampedusa.
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​Un "fallimento collettivo" di Italia, Malta, Onu e Nato che ha portato alla morte di 63 migranti, costretti alla deriva per due settimane in mare e lasciati morire di fame e di sete. È la conclusione cui è giunto il Consiglio d'Europa sulla sorte del barcone di migranti africani, tra cui donne, bambini e rifugiati politici, che alla fine del marzo scorso partì da Tripoli e cercò senza successo di raggiungere l'isola di Lampedusa. "L'Italia - si legge nel rapporto approvato oggi dal Comitato per l'Immigrazione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa - come primo stato avrebbe dovuto assumere la responsabilità del coordinamento delle operazioni di soccorso". "Si è trattato - recita ancora il rapporto - di un fallimento collettivo della Nato, dell'Onu e gli singoli Stati nel pianificare gli effetti le operazioni militari in Libia e prepararsi per un atteso esodo via mare". L'inchiesta, firmata dalla senatrice olandese Tines Strik e durata 9 mesi, e anticipata ieri da The Guardian, punta l'indice su carenze umane e istituzionali che condannarono all'atroce destino gli occupanti. Errori compiuti tanto da navi militari che civili, insieme ad ambigue richieste di soccorso e la confusione sulla responsabilità dei soccorsi.
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