A 48 ore dal terremoto euroscettico che ha sconvolto il panorama politico europeo, ieri sera i leader dei Ventotto si sono ritrovati a discutere, a cena, di nomine Ue ma anche di come rispondere al voto. Questo in una giornata che ha visto, almeno in apparenza, rafforzarsi la posizione di Jean-Claude Juncker come candidato Ppe alla presidenza della Commissione Europea. «Ovunque – ha detto il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy aprendo la cena dei leader – gli elettori hanno inviato un messaggio forte». Il leader fiammingo ha parlato della necessità di «un’agenda positiva» per l’Ue. «L’Europa – ha detto il presidente francese, François Hollande – deve rispondere alle domande espresse in queste elezioni: più crescita e occupazione e dunque un riorientamento della costruzione europea». Sarà l’agenda per i prossimi anni, su cui si dovrà impegnare anzitutto il nuovo presidente della Commissione. Ieri si è parlato molto di Juncker, già dalla mattinata, quando si sono incontrati i presidenti (uscenti) dei gruppi politici al Parlamento Europeo. Una riunione di una quarantina di minuti, il tempo per vedere d’accordo tutti – tranne euroscettici e conservatori – che il candidato del gruppo uscito vincitore, il Ppe, ha anche il diritto ad essere "il primo" a tentare di trovare una maggioranza in aula. «Una maggioranza di oltre 500 parlamentari – ha detto anche l’ex sfidante socialista di Juncker, Martin Schulz – chiede al Consiglio Europeo di rispettare il Trattato e di dare il mandato a Jean-Claude Juncker». Per lo sconfitto Schulz ci sarebbe una possibile contropartita. La voce che gira è che il tedesco potrebbe vedersi assegnare la successione a Catherine Ashton come Alto rappresentante per la politica estera Ue. Certo è che il Parlamento ha così messo i leader sotto pressione. Non a caso ieri si è assistito a una raffica di sostegni ufficiali alla candidatura di Juncker. «È il nostro candidato alla presidenza della Commissione», ha detto il cancelliere Angela Merkel. A favore di Juncker si sono schierati anche il premier spagnolo Mariano Rajoy, l’irlandese Enda Kenny, ma anche socialisti come Hollande o il cancelliere austriaco Werner Feymann. Ieri Herman Van Rompuy ha avuto l’incarico di negoziare, insieme a Juncker, con il Parlamento Europeo. Appuntamento al summit di fine giugno.Contro il lussemburghese resta però il premier britannico David Cameron. «L’Europa deve svegliarsi e capire le preoccupazioni di quanti la vedono come troppo grande e troppo invadente», ha detto. E per questo «abbiamo bisogno di persone che gestiscano queste istituzioni che realmente lo capiscano, e che possano aprire l’Europa e non stiano con lo sguardo rivolto al passato». Dalla sua Cameron ha l’ungherese Viktor Orban. Una posizione dura che creerà problemi, anche perché la Merkel vorrebbe evitare di mettere all’angolo il premier britannico, sebbene il Trattato preveda la scelta del nome nel Consiglio Europeo a maggioranza qualificata. E sono in molti a sostenere che in realtà la leader tedesca non sia entusiasta di Juncker. Continua così a girare la ridda di nomi alternativi, a cominciare dal direttore del Fmi Cristine Lagarde, che la Merkel avrebbe già sondato. Hollande, scriveva però ieri
Le Monde, le è contrario.