Il tavolo dei relatori: Boldrini, padre Ripamonti, il moderatore Giannini, Bonino e monsignor Galantino (foto Siciliani)
I richiedenti asilo e rifugiati nel mondo sono 65 milioni e trovano ospitalità soprattutto nei paesi del Sud. Nel 2016 in Europa ne sono arrivati via mare 362.376 (quasi un terzo del 1.015.078 del 2015). Di questi 181.436 in Italia, e tra loro 25.772 minor non accompagnati. Il Centro Astalli nelle sue diverse sedi (Roma, Catania Palermo, Grumo Nevano-Napoli, Vicenza, Padova e Trento) ha risposto ai bisogni di circa 30 mila persone, metà delle quali a Roma. Le strutture di accoglienza del Centro hanno ospitato più di 900 persone, di cui 234 a Roma. Sono i numeri del Rapporto annuale 2017 del Centro Astalli, presentato al Teatro Argentina da padre Camillo Ripamonti, presidente dell’associazione (che è sede italiana del Jsr, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati) assieme al segretario della Cei monsignor Nunzio Galantino, la presidente della Camera Laura Boldrini, l’ex ministro degli Esteri Emma Bonino. Nelle strutture del Centro Astalli operano 634 volontari, 20 giovani del servizio civile, 100 operatori professionali. Circa 60 mila i pasti serviti dalla storica mensa di via degli Astalli. Nell'anno passato sono stati spesi 3 milioni e 100 mila euro solo per la sede di Roma, costi coperti da donatori privati, 8 per mille Cei, Migrantes, Fondazione Bnl e Segretariato sociale Rai.
Il gesuita ha indicato nella flessione degli accessi alla mensa il sintomo di «una maggiore difficoltà dei servizi a raggiungere chi ne avrebbe bisogno: mai come quest’anno abbiamo notato che le procedure collaudate da anni non sono più del tutto adeguate, perché le eccezioni stanno diventando la regola». Il presidente del Centro Astalli ha ribadito la necessità di «ridurre rapidamente
il gap tra gli standard del sistema dei grandi Centri di accoglienza straordinaria a quelli dell’accoglienza diffusa dei centri Sprar, ma
soprattutto uscire dalla barriera culturale di un’opposizione passiva all’accoglienza dei migranti nei vari territori». E quando «i diritti non sono esigibili producono precarietà e marginalità». Dunque «servono maggiori investimenti per l’integrazione». Ma la premessa è «cambiare con urgenza la narrazione sui rifugiati in un contesto avvelenato da messaggi di odio e discriminazione».
Sull’accordo per bloccare la rotta balcanica dei migranti Monsignor Galantino ha detto che «la Turchia è un esempio chiaro di subappalto della mobilità umana». Poi ha citato Benedetto XVI e Giovanni Paolo II quando dicevano che «le migrazioni sono un segno dei tempi e una sfida per la società e la comunità cristiana. Ma c’è chi cerca di falsificare la realtà e lucrare consensi. I rifugiati sono lo 0,1 per cento della popolazione: come si fa a parlare di invasione». Per il segretario della Cei bisognerebbe valutare «la possibilità di un permesso di soggiorno umanitario anche per i numerosi “diniegati”» che vedono respinta la domanda e «nei prossimi mesi saranno 40 mila. L’irregolarità genera sfruttamento mentre è fondamentale ripartire dalla legalità». E ha invocato «controlli puntuali al lavoro appassionato che fanno tante realtà ecclesiali, perché non se ne può più di essere accomunati a qualche mafia capitale». Oltre 23 mila i richiedenti asilo e rifugiati ospitati a giugno 2016 nelle strutture ecclesiali. Galantino ha annunciato infine per maggio il progetto «Liberi di partire, liberi di restare» per cui la Cei ha stanziato 30 milioni: gemellaggi tra diocesi italiane e diocesi delle nazioni di partenza dei migranti, per progetti di cooperazione allo sviluppo.
«Se c’è un tema in cui interessi nazionali e valori coincidono è proprio l’immigrazione», ha detto Emma Bonino: «Dovrebbe essere il tema più facile invece è incandescente per colpa degli imprenditori della paura. Tutte le ricerche ci dicono che per restare in equilibrio tra società lavorativa e sistema previdenziale servirebbero 160 mila ingressi annuali». Invece una politica miope «sta creando un esercito di 500 mila irregolari, perché non c’è modo di entrare legalmente in Italia. Il 60% dei richiedenti asilo si vede respinta la domanda, legalizzarli sarebbe la politica più razionale e che crea più sicurezza. Ma non se ne può parlare per la manipolazione politica».