Braccianti stranieri a Rosarno. Spesso, come anche tanti italiani poveri, sono vittime del caporalato (Foto d'archivio, Ansa)
Nel primo semestre 2019 sono state denunciate per caporalato e sfruttamento dei lavoratori 263 persone, 59 delle quali arrestate, più del triplo rispetto alle 80 dell’analogo periodo del 2018, con una incidenza del fenomeno che si è confermata prevalente (147 denunce) nel settore agricolo. In forte aumento anche i recuperi contributi risultanti dall’attività di vigilanza previdenziale e assicurativa, passati da 351 milioni euro a 530 milioni, con un incrementi di più del 43 per cento.
Sono alcuni importanti dati che confermano, per l’ennesima volta, come la legge 199 del 26 ottobre 2016 stia funzionando. A fare il punto a tre anni dall’approvazione è stato il convegno "Mille giorni contro il caporalato e lo sfruttamento del lavoro", promosso dall’Anmil (Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) e dall’Aic (Associazione italiana coltivatori).
«È emersa una piaga sociale e una realtà criminosa molto ampia e diffusa su tutto il territorio nazionale e in due settori in modo specifico, quali l’agricoltura e l’edilizia, ma non solo», ha sottolineato Zoello Forni, presidente dell’Anmil. Lo confermano anche i dati dei Carabinieri per il contrasto al caporalato, che risultano aumentati dal 2017 del 260%, con oltre 28mila aziende controllate, 756 persone denunciate e 164 arrestate, 5mila denunce in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, e recuperati 30milioni di evasione contributiva.
«I provvedimenti emanati dal Parlamento – ha spiegato il presidente dell’Aic, Giuseppino Santoianni – hanno previsto l’inasprimento del regime sanzionatorio verso tutti coloro che sfruttano persone in stato di necessità, nella convinzione che non solo i caporali e gli intermediari, ma anche i datori di lavori sono complici di un sistema criminale continuamente alimentato dalla povertà diffusa. La legge 199 rappresenta un forte deterrente».
Ma si potrebbe fare anche di più. Nel Rapporto presentato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro relativo al primo semestre 2019, risulta, infatti, che il numero delle ispezioni effettuate in azienda è diminuito del 9% rispetto allo stesso periodo del 2018, quando erano state circa 88mila. Eppure, afferma lo stesso Inl, «pur a fronte di un minor volume di ispezioni, consentito dalle risorse disponibili, gli indici di efficacia dell’attività di vigilanza risultano crescenti a confronto di quelli del corrispondente periodo dello scorso anno».
Malgrado, dunque, risorse non sufficienti, il tasso delle irregolarità riscontrate presso le imprese controllate è salito di 3 punti percentuali (dal 69% al 72%) come pure del 7,7% è aumentato il numero delle posizioni lavorative risultate irregolari (dalle 77.222 del 2018 alle attuali 83.191). Il numero dei lavoratori risultati completamente "in nero" è cresciuto del 14% (da 20.398 a 23.300 unità), mentre è più che raddoppiato (da 5.161 a 10.454) quello dei lavoratori soggetti a forme di appalto e somministrazione illeciti.
Numeri importanti, ma, sottolinea il presidente dell’Aic, «bisogna dare piena attuazione alla legge». Non basta la repressione. Serve, come emerso dal convegno, una mappatura dei territori legata alla stagionalità della raccolta per comprendere al meglio flussi e movimenti dei lavoratori; insistere sui Protocolli d’intesa regionale e sull’iscrizione delle imprese alla "Rete del lavoro agricolo di qualità", occasione per le aziende agricole di dimostrare la loro regolarità; promuovere l’istituzione di un servizio di trasporto pubblico che impedisca gli "affari" dei caporali; regolarizzare i lavoratori stranieri e renderli così più forti. «Per il futuro – ha insistito Santoianni – il punto di equilibrio non può che essere quello di rendere possibile un ritorno economico sostenibile per le imprese oneste ed una giusta remunerazione dei lavoratori. È un traguardo raggiungibile».