Mezzi inadeguati, sottosviluppo, ’ndrangheta. Questi alcuni dei mali che affliggono la Calabria. Lo sottolineano i vescovi calabresi in una lettera pastorale dal titolo 'Dio vi aspetta a braccia aperte' presentata dal vicepresidente della Conferenza episcopale calabra, Francesco Milito, dall’arcivescovo di Reggio Calabria, Giuseppe Fiorini Morosini e dal correttore provinciale dei Frati Minimi, Gregorio Colatorti. L’occasione, il VI centenario della nascita del patrono della regione San Francesco di Paola, icona di misericordia. I vescovi invitano a «riscoprire il valore della preghiera» e a «la grazia di tutti i sacramenti », soprattutto in questo anno giubilare: «con l’odio e la vendetta non si costruisce né una famiglia, né una società, e né si crea benessere. Noi calabresi non dobbiamo dimenticare le faide, che hanno insanguinato tanti nostri paesi, creando morti, paure, ed emigrazione. Non possiamo permettere che ciò si ripeta». Da qui la richie- sta a denunciare il male e a chiedere un impegno al bene comune, alla «speranza di un futuro diverso, da realizzare anche mediante oculate scelte politiche – si legge nella lettera – che ci liberino finalmente dalla paura della ’ndrangheta e da ogni altra forma di oppressione! Evitiamo - è l’appello - ogni forma di collusione con il male, educhiamoci al coraggio della verità e a denunciare ogni forma di peccato presente in mezzo a noi, soprattutto la corruzione, i condizionamenti, le estorsioni e le minacce dei mafiosi». Poi un pensiero per i detenuti con l’invito «a fare tesoro della grazia del Giubileo per un sincero ritorno a Dio, attraverso il pentimento per il male liberamente commesso, la disponibilità al risarcimento dei danni inferti alla società, la promessa di una vita rinnovata» e l’incoraggiamento ai collaboratori di giustizia a «continuare su questa strada». Per quanto riguarda i problemi della regione i vescovi calabresi si soffermano su tre ambiti: la questione del lavoro, la corruzione politica, la piaga della ’ndrangheta. Essi - scrivono - «metteranno alla prova la nostra volontà di rinnovamento di vita e di adesione al Vangelo». La mancanza di lavoro è una 'piaga' da sconfiggere «sfruttando al massimo le possibilità che ci sono offerte dal territorio». E poi la corruzione: «ha tante forme – scrivono i vescovi – appropriazione indebita, false dichiarazioni nei confronti dello Stato, sperpero del denaro pubblico, sostegno politico a chi non lo merita, connivenze con metodi illegali di arricchimento. Dobbiamo reagire con fermezza e coraggio». Per questo i vescovi chiamano in causa i cittadini invitandoli a «non premiare con il voto chi ha mal governato o ha dato prova di corruzione nella gestione della cosa pubblica». E poi la 'piaga' della ’ndrangheta: «anche per gli uomini e le donne di ’ndrangheta – scrivono – esiste un progetto di misericordia da parte di Dio e della Chiesa». Questa misericordia, così come per tutti i credenti, «non può essere banalizzata e ridotta a gesti devozionali, che non costano nulla». C’è bisogno del «cambiamento radicale di vita, della richiesta di perdono e della giusta riparazione. E non bisogna avere paura di fare tutto questo: la Chiesa attende e accompagna chi vuole convertirsi, ascoltare l’appello del Padre misericordioso, conducendolo per mano attraverso tappe, piccole ma efficaci».