martedì 15 maggio 2012
​"Viva la rivoluzione, avanti la rivoluzione, questo è il momento buono" ha gridato Alfredo Davanzo al processo milanese ai nuovi brigatisti, a un cronista che gli chiedeva cosa pensasse della gambizzazione di Roberto Adinolfi.
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​I sette imputati detenuti nell'ambito del processo milanese alle cosiddette Nuove Br devono restare in carcere. Lo hanno deciso i giudici della seconda Corte d'assise d'appello di Milano che hanno respinto le istanze di scarcerazione delle difese, le quali hanno invocato la decadenza dei termini di custodia cautelare perché, a loro dire, "la detenzione non ha più senso" dato che la Cassazione ha annullato nelle scorse settimane le condanne. Restano in carcere dunque sette dei 12 imputati. Si tratta di Claudio Latino e Davide Bortolato, condannati a 14 anni e 7 mesi in appello, Vincenzo Sisi (13 anni e 5 mesi), Alfredo Davanzo (11 anni e 4 mesi) Bruno Ghirardi (10 anni e 10 mesi) Massimilano Toschi (10 anni e 8 mesi) e Massimilano Gaeta (8 anni). Vennero arrestati nel 2007 in seguito all'operazione 'Tramonto' coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, che smantellò l'organizzazione che, secondo l'accusa, si sarebbe rifatta alla cosiddetta "seconda posizione" delle Br e che stava preparando attentati. Le difese, e in particolare l'avvocato Giuseppe Pelazza, avevano sostenuto che gli imputati dovevano essere scarcerati perché con l'annullamento delle condanne da parte della Cassazione dello scorso febbraio "la sentenza di grado d'appello non esiste più e men che meno le motivazioni giuridiche della detenzione", che per gli avvocati, tra l'altro, "ha così superato i tre anni di custodia massima prevista, arrivando a 5 anni". I termini di custodia cautelare scadranno per alcuni degli imputati a partire dal 13 giugno, ma per quella data sarà con tutta probabilità già arrivata la sentenza della seconda Corte d'Assise d'appello (presidente Anna Conforti, giudice a latere Fabio Tucci). "Non deve essere però un problema della Corte quello di accelerare il processo per evitare la decorrenza", hanno fatto presente le difese. E l'avvocato Sandro Clementi ai cronisti ha spiegato che "per la Cassazione i precedenti giudici d'appello non sono riusciti a motivare il perché della ipotizzata violenza terroristica". Ora i giudici dell'appello bis stanno leggendo la relazione e sono state fissate già due udienze per giovedì prossimo, quando la parola dovrebbe passare al sostituto pg Laura Barbaini per la requisitoria, e per il 22 maggio. Parti civili nel processo la Presidenza del Consiglio e Pietro Ichino, che, secondo le indagini, sarebbe stato nel mirino dei presunti terroristi. ''Viva la rivoluzione, avanti la rivoluzione, questo è il momento buono'' ha gridato Alfredo Davanzo, uno degli imputati del processo milanese alle Nuove Br, a un cronista che gli chiedeva cosa pensasse di quello che sta accadendo in questi giorni, con riferimento anche alla gambizzazione di Roberto Adinolfi.Davanzo, ritenuto il presunto ideologo delle Nuove Br del Partito Comunista Politico-Militare, é uno dei dodici imputati nel processo milanese d'appello 'bis' (la Cassazione ha infatti recentemente annullato le condanne disponendo un nuovo appello) ed è stato condannato nel precedente giudizio di secondo grado a 11 anni e 4 mesi. In una pausa dell'udienza, alcuni cronisti si sono avvicinati alla gabbia dove stanno seguendo l'udienza cinque dei sette imputati detenuti (tra cui Claudio Latino, condannato a 14 anni e 7 mesi) e hanno chiesto ai presunti appartenenti alle Nuove Br: "Cosa pensate di quello che sta accadendo nel Paese, del ferimento di Adinolfi?". Davanzo ha risposto: "Viva la rivoluzione, questo è il momento buono per la rivoluzione". All'inizio dell'udienza dalle gabbie erano stati mostrati anche i pugni chiusi da parte degli imputati, per salutare gli amici e i parenti ed altri giovani che stanno seguendo l'udienza.Vincenzo Sisi, uno degli imputati delle cosiddette Nuove Br, facendo dichiarazioni spontanee in aula ha dichiarato che "solo con le armi si sovvertono i poteri, parlo come operaio comunista che ha preso le armi.  "Noi rinunciamo alla difesa", ha aggiunto spiegando la revoca del mandato difensivo come "gesto politico".Alcuni dei cinque imputati detenuti (sono sette in totale, ma due non erano presenti oggi) hanno chiesto ai giudici di poter rilasciare dichiarazioni spontanee. A prendere la parola è stato tra gli altri Vincenzo Sisi, il presunto capo della cellula torinese condannato a 13 anni e 5 mesi nell'appello poi annullato dalla Cassazione. "Io parlo come operaio comunista che ha preso le armi - ha affermato - solo con le armi si sovvertono i poteri e noi rinunciamo alla difesa e revochiamo il mandato". Un altro degli imputati, invece, ha spiegato che il Partito Comunista Politico-Militare "si pone dentro questo processo solo con i documenti politici", e proprio uno di questi documenti è stato consegnato dagli imputati, attraverso i difensori, ai giudici. Claudio Latino, invece, presunto leader della cellula milanese, ha affermato che "noi non amiamo la violenza e non crediamo al mito della violenza, ma diventa inevitabile", perché, come hanno sostenuto gli imputati, "l'unica via è quella rivoluzionaria". Le parole dei presunti brigatisti sono state 'salutate' con molti applausi da parte di amici, parenti e altri giovani presenti nella parte dell'aula destinata al pubblico. I giovani hanno esposto anche magliette con su scritto "solidarietà''.
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