L’ultima parola, come al solito, è stata di Matteo Renzi: se includere nel "bonus" gli incapienti significa assottigliare di molto gli 80 euro da tempo promessi ai redditi medio-bassi, allora tanto vale tornare all’impostazione originaria. Perciò l’aumento in busta paga stanziato per la finestra maggio-dicembre 2014 vale per i redditi dagli 8mila ai 24mila euro, con "discesa progressiva" sino ai 26mila, mentre per gli "incapienti" (salari e famiglie incluse nella
no-tax area) l’intervento è rinviato al prossimo autunno, probabilmente alla legge di stabilità. Idem per le partite Iva, escluse dal beneficio.L’intervento di riduzione fiscale - comprensivo anche del calo Irap per le imprese del 10 per cento finanziato con l’aumento al 26 per cento della tassazione sulle rendite finanziarie - vale 6,9 miliardi. Circa 4 miliardi sono "strutturali", tagli permanenti alla spesa pubblica. Un miliardo proviene dal taglio agli incentivi alle imprese, in particolare all’autotrasporto. 2,1 miliardi sono "strappati" all’acquisto di beni e servizi da parte di amministrazioni centrali e locali (per lo Stato, 400 vengono dalla Difesa e 150 in particolare dalla "revisione" del piano di acquisti dei cacciabombardieri F35, per Regioni e Comuni c’è una clausola di salvaguardia per la quale governatori e sindaci avranno 60 giorni per scegliere dove risparmiare, dopo interverrà Cottarelli - o chi per lui - con le sue forbici). 900 milioni vengono conteggiati come "operazione-sobrietà": 150 milioni li darà dalla Rai, con il via libera alla vendita di
Raiway e alla riorganizzazione - leggasi riduzione - delle sedi regionali, 60 milioni dagli organi costituzionali, 100 milioni - «stima prudente» - dalla cancellazione delle Province, 200 dai dicasteri, qualche spicciolo "simbolico" dall’annullamento delle tariffe postali agevolate per la comunicazione politica dei partiti. Nel capitolo "sobrietà", la parte del leone spetta comunque alla riduzione degli stipendi dei top manager per tutti gli enti e le partecipate pubbliche al 100 per cento: il tetto di 240mila euro circa riguarderà tutte le istituzioni elencate nel Salva-Italia di Mario Monti, e non saranno esentati i magistrati (Renzi fa a bella posta l’esempio del primo presidente di Cassazione che "scende" da 311mila annui a 240, il livello del capo dello Stato). Sembra saltare invece il discorso delle "quattro fasce di salario" della prima bozza di decreto, e si conferma l’inapplicabilità della sforbiciata agli organi costituzionali (Parlamento, Quirinale, Consulta). Loro, se vorranno, prenderanno esempio. Ai fini contributivi, varrà comunque il salario "figurativo" dei vertici amministrativi, e non quanto realmente incassato.È strutturale, ma di portata più simbolica che sostanziale, anche l’intervento sulle auto blu - massimo 5 a dicastero -, mentre vanno letti sul medio periodo i benefici di riforme come la riduzione da 8mila a mille delle municipalizzate attraverso l’intervento della Cassa depositi e prestiti, l’obbligo di pubblicazione
on line entro 60 giorni delle spese pubbliche, la riduzione da 32mila a 50 delle centrali d’acquisto di beni e servizi. Sul fronte delle "una tantum", che vale gli altri 2,9 miliardi, la parte del leone tocca alle banche che pagheranno per il 26 per cento (non per il 12 come previsto da Letta, e nemmeno per il 20 che ha provato a strappare l’Abi nelle ultime ore) la rivalutazione delle quote di Bankitalia. Poi ci sono i 600 milioni di maggiore gettito Iva - ancora «prudenziale» - legato ai pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione (il decreto prevede l’esborso di altri 8 miliardi alle imprese e la norma che obbliga al pagamento entro i 60 giorni). Altri 300 milioni "una tantum" vengono dal rientro d’evasione effettivamente certificato nei primi 3 mesi del 2014 (Renzi voleva mettere a copertura 1,2 miliardi, stimando una media da 100 milioni al mese, ma Padoan lo ha bloccato). Non toccati, «per ora», fondo per l’editoria (ma c’è l’abolizione della pubblicità legale) e Caf (l’anno prossimo entrerà però in vigore, con la delega fiscale, l’invio digitale della dichiarazione dei redditi a 32 milioni di contribuenti). Ciò detto, il governo assicura che il bonus verrà confermato anche nel 2015 - quando servirà una copertura da 15 miliardi - attraverso la legge di stabilità.