venerdì 16 novembre 2012
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Si chiama «Vesti solidale» ed è la cooperativa dalla quale è nata la raccolta di abiti usati nella diocesi di Milano 15 anni fa. È  stata un volano perché ha capito per prima che ogni anno i quasi 5 milioni e mezzo di abitanti della diocesi si disfano di 30mila tonnellate di abiti usati. E la metà di questa montagna di stoffa finisce ancora, con gli altri rifiuti, nelle discariche e negli inceneritori. Si poteva fare business dando lavoro a categorie deboli e aiutare l’ambiente. Solo lo scorso anno, con 1.200 cassonetti posizionati in 200 comuni, Caritas Ambrosiana ha raccolto 8 mila tonnellate di abiti smessi con grande vantaggio ambientale. Applicando al territorio lombardo uno studio dell’Università di Copenhagen sul riciclo dei tessuti, si può stimare che grazie ai “cassonetti della Caritas”, l’Arcidiocesi di Milano ha prodotto 28.800 tonnellate di anidride carbonica in meno, ha risparmiato 48 milioni di metri cubi di acqua, 2.400 tonnellate di fertilizzanti e 1.600 di pesticidi nel 2011. Oggi le cooperative promosse dalla Caritas che raccolgono abiti sono diventate sei e grazie all’accordo con comuni e municipalizzate impiegano 49 persone, dalle categorie svantaggiate segnalate dalla legge sulle cooperative sociali, come gli ex carcerati e i disabili, a profughi, senza dimora e padri di famiglia senza lavoro over 45 segnalati dal Fondo famiglia, fedeli all’idea che oggi dare lavoro sia la forma di carità più efficace. Grazie a un progetto dalla Fondazione Cariplo appena approvato, altre sei persone verranno assunte nel 2013. Ora, con il nuovo logo «Dona Valore» si punta nei prossimi anni a raddoppiare il numero dei cassonetti sul territorio e ad aprire un negozio di abiti usati solidali in via Padova, la più multietnica della metropoli. All’ombra della Madonnina il rilancio prevede una campagna di sensibilizzazione rivolta a cittadini, amministratori pubblici e parroci per spiegare che i cassonetti sono tutti gialli, ma non tutti verdi e solidali.
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