Non intende cedere Pier Luigi Bersani. Mollare sulla trattativa per il presidente della Repubblica vorrebbe dire rinunciare all’ultima possibilità ancora da giocare. Il leader del Pd cerca di tirare la corda dalla sua parte, ma crescono i democratici convinti che sul successore di Napolitano sia necessaria la trattativa con Scelta civica prima e con il Pdl poi. Pur senza concedere a Berlusconi la decisione del nome, sicuramente serve una personalità concordata. Insomma, il braccio di ferro riprende e ancora una volta potrebbe non essere la Direzione – da convocare nei prossimi giorni – a far emergere i contrasti all’interno del partito.La diretta streaming potrebbe coprire di nuovo le divergenze esistenti, ma a pochi giorni dalla strada ideata dal capo dello Stato per uscire dall’
impasse, inizia una nuova partita, con un clima «meno aspro e con meno contrapposizioni», per usare le parole di Enrico Letta, disposto a collaborare a una soluzione condivisa, senza «strappi istituzionali».Con i saggi al lavoro sulle riforme possibili e la scadenza del settennato che si avvicina, il governo passa in secondo piano. Bersani più volte ha ricordato in questi giorni che il Pd ha i voti per scegliersi da solo il nuovo inquilino del Quirinale, ma quella che sembra più una minaccia al Pdl non piace a tutto il partito. Per i renziani, sarebbe suicida una scelta simile. Ma anche per D’Alema, Veltroni e per il vicesegretario. Giorgio Tonini ricorda che mancano all’appello una manciata di voti, ma che nel segreto dell’urna non è mai detto che tutta la maggioranza finisca con il rimanere compatta. Insomma, è vero che qualcuno potrebbe aggiungersi, ma al netto, nel segreto dell’urna, qualche defezione va messa in conto. E dunque, meglio un «accordo certo». Ma con chi?Grillo continua ad apparire quanto mai inaffidabile, anche con nomi a lui graditi come Zagrebelsky o Rodotà, e a maggior ragione con Prodi, particolarmente gradito a Bersani. Secondo indiscrezioni, il leader del Pd vorrebbe scegliersi il nuovo capo dello Stato, con la speranza di ottenere un nuovo incarico (o meglio, la conferma del preincarico attualmente congelato) e la certezza che in mancanza di accordi si tornerebbe a votare giugno.Anticipando il voto, infatti, Matteo Renzi sarebbe tagliato fuori, poiché per lo statuto nuove primarie si potrebbero prevedere solo con il congresso, e in pista resterebbe ancora il leader pd. La Direzione chiamata a fissare la data delle assise di ottobre è prevista per fine mese. Ma, appunto, si tratterebbe di ottobre, né ci sarebbero i tempi tecnici per rimettere in pista il sindaco di Firenze.Per gran parte del partito, poi, votare a giugno, dopo essersi eletti il capo dello Stato a maggioranza, significherebbe dare a Berlusconi la possibilità di costruire la campagna elettorale contro il Pd, che avrebbe scelto le tre alte cariche istituzionali senza accordi. L’esperienza insegna che il Cavaliere ha gioco facile quando passa dalla parte della "vittima".Nell’area favorevole alla trattativa, poi, si boccia anche la "soluzione Barca", vale a dire il nome indicato dal segretario per una eventuale successione alla guida del partito, che consentirebbe a Renzi di entrare in pista come candidato premier. Un ticket che ai renziani ricorda quello tra Prodi e D’Alema. Un tempo che finì male per il Professore. Dunque, per l’area del sindaco, meglio starne alla larga e attendere ancora.Però qualcosa è cambiato, secondo Beppe Fioroni, particolarmente soddisfatto per la formazione delle due commissioni da parte di Napolitano. «Ora non siamo più di fronte al referendum pro o contro Berlusconi». Di fatto, il Quirinale ha scelto di «sparigliare», come aveva auspicato il leader dell’area ex ppi. «I partiti sono stati messi di fronte alle proprie responsabilità» e il Pdl «ha meno carte da giocare».