giovedì 6 settembre 2012
Il segretario nega patti sulle cariche. Il sindaco alza la voce: più mi attaccano, più cresco. Domenica a Reggio Emilia il leader Pd confermerà la sua linea e darà probabilmente la data della sfida per la premiership.
IL SONDAGGISTA «Partita aperta, Matteo è una macchina da guerra»
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​L’unico vero timore di Matteo Renzi lo fuga Pier Luigi Bersani, in una telefonata intercontinentale: le primarie si faranno. Il sindaco di Firenze è negli Usa per la campagna di Obama e sembra impermeabile ai veleni che continuano ad arrivare da una buona fetta della classe dirigente del Pd. Così come guarda senza troppa preoccupazione alle indiscrezioni che vogliono il vertice di largo del Nazareno già al lavoro sull’organigramma istituzionale della prossima legislatura. Il segretario smentisce categoricamente il patto scellerato, che anzi avrebbe fatto gioco a Renzi, offrendogli un’arma in più per la campagna elettorale. Il leader democratico ricalibra la propria strategia, che sarà chiara domenica, quando a Reggio Emilia chiuderà la festa del Pd, annunciando verosimilmente anche la data della sfida per la premiership.Bersani, dunque, torna a giocare in attacco, nel timore che tutta la polemica sollevata nei confronti del suo avversario interno abbia finito per disegnarlo come un leader arroccato nel proprio quartier generale, difeso dalla vecchia armata. Il segretario inizia la giornata smentendo le indiscrezioni pubblicate ieri da "la Repubblica" con il toto-poltrone. «Non ci sono patti né grandi né medi né piccoli», scandisce. «Ho lavorato e lavoro per un partito unito, rinnovato, contendibile e senza padroni, perché ho una certa idea del futuro della democrazia italiana». Piuttosto Bersani è interessato a «parlare di Italia», vale a dire a mettere in chiaro i punti di quella che sarà la partita del suo Pd.Ma ancora più il segretario tiene a confermare che le «primarie aperte per la candidatura a premier, anche in deroga al nostro Statuto» si faranno, perché «le ho volute io». Dunque, le polemiche sollevate da D’Alema, Bindi, Fioroni e anche da Vendola non sono il segnale di una retromarcia. Sono piuttosto un punto a segno dello sfidante, o almeno così le legge Renzi: «Ogni attacco che ricevo provoca l’apertura di 5-10 circoli a nostro favore». In fondo, ragiona con i suoi, «più mi attaccano, più aumentano le adesioni ai miei comitati».E a ogni attacco ricevuto, il sindaco rottamatore controbatte dagli Stati Uniti. «Se perdo le primarie non scappo, né chiederò una compensazione politica. Torno al mio mestiere di sindaco». Una risposta a Fioroni, che lo invita a non ritirarsi in caso di sconfitta. Ma a chi lo critica tra i suoi compagni di partito, Renzi risponde: «Vorrei solo invitarli a mettersi d’accordo e non attaccarmi tutti insieme nello stesso momento». Duro con Massimo D’Alema che lo accusa di voler dividere: «Credo che tutto sommato abbia ragione quando dice che puntiamo a una rottura. Lui crede nella centralità dei gruppi dirigenti e ha una visione del ruolo dei partiti diversa dalla mia. Noi invece vogliamo farla finita con questo gioco secondo cui ci sono gruppi dirigenti che fanno accordi alle spalle della volontà degli elettori. Anche lui del resto è andato a Palazzo Chigi senza essere eletto».
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