Silvio Berlusconi potrebbe aver pagato le spese legali di Nicole Minetti, imputata nel caso Ruby. È quanto riferiscono fonti giudiziarie, citando atti depositati dai pm milanesi nei due processi in corso sul caso, il primo che vede imputati Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede per induzione alla prostituzione, il secondo che vede imputato l'ex premier per concussione e prostituzione minorile.
In particolare, in base a segnalazioni che la Banca d'Italia avrebbe inoltrato alla procura di Milano, il 22 giugno Berlusconi avrebbe inviato alla Minetti un bonifico da 100.000 euro e il giorno dopo il consigliere della Regione Lombardia avrebbe a sua volta inoltrato diversi bonifici ai suoi legali per un totale di quasi 80.000 euro.
In una nota Bankitalia sottolinea il «possibile pagamento da parte di un terzo (Berlusconi) delle spese di difesa» di Nicole Minetti. Non basta: nel periodo tra il 15 aprile e il 14 ottobre 2011 l'ex presidente del Consiglio avrebbe destinato alla Minetti attraverso bonifici somme per un totale di circa 145.000 euro.
Secondo la procura di Milano, la Minetti - con Mora e Fede - avrebbe reclutato a pagamento o dietro promesse di regali numerose giovani, anche minorenni, per partecipare a party "erotici" nelle residenze dell'ex presidente del Consiglio.
In un processo parallelo, iniziato nell'aprile scorso sempre a Milano, l'accusa sostiene che Berlusconi avrebbe avuto rapporti sessuali a pagamento con la marocchina Karima el Mahroug, detta Ruby, quando la giovane era ancora minorenne, e che abbia cercato illegittimamente di ottenerne il rilascio dalla questura di Milano, dove era stata fermata per furto, con l'obiettivo di occultare la sua relazione con la ragazza.
Nel febbraio scorso la Consulta aveva respinto il ricorso della Camera dei deputati contro la procura e il gip di Milano per conflitto d'attribuzione sul caso.
Secondo le motivazioni di quella sentenza, depositate oggi, non solo "spettava" alla procura meneghina indagare sull'allora premier Berlusconi per un reato di natura "comune", senza trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, ma anzi essa era "costituzionalmente obbligata" ad agire.